Una tragedia greca in implosione dentro un dramma apocalittico-intimista: un film sulla fine di un sistema valoriale e una donna, sola, che vi resiste.
Lee Chang-dong mette in scena il dolore assoluto della perdita di un figlio, facendone una metafora metacritica dell'essere umano che cerca e combatte allo stesso tempo lo sguardo di Dio.
Un canto d’amore e un’accusa: Lee Chang-dong travolge con l’impetuosità melodrammatica di una storia d’amore impossibile le convenzioni ciniche e brutali di una società perdente, sospesa tra l’atemporalità dell’oggi e del domani.
L’esordio alla regia di Olivia Wilde è un teen drama che prova finalmente a scrollarsi di dosso tutti gli stereotipi del genere nel ritrarre il percorso di crescita di due adolescenti all’ultimo anno di liceo.
Il secondo film di Lee Chang-dong è un viaggio a ritroso nell’anima di un uomo e di una nazione, entrambi portano ancora sulla loro pelle le tracce di un passato traumatico.
Il film di Boyle e Curtis nasce da su un'idea brillante che fa perdonare lo sviluppo narrativo piuttosto debole, sorretto da una colonna sonora d'eccezione che emoziona e ne mette in secondo piano i difetti.
Il documentario Netflix di Steven Bognar e Julia Reichert, prodotto dai coniugi Obama, racconta una storia incredibile quindi vera: una fabbrica americana acquistata dai cinesi che diventa sinistro modello per il presente.
Un mondo che cambia, un giovane che ritorna, un Paese che si sveglia e non si riconosce più: il primo, fondamentale lungometraggio di Lee Chang-dong ci riporta all'alba idealista del nuovo cinema coreano.