Gli attori, il classicismo, il racconto americano: nel secondo film di James Mangold si affina la poetica del regista, con uno dei più bei noir degli anni '90.
Non un sequel di "Shining" ma un film figlio: Flanagan rischia tutto e vola altissimo, allontanandosi da Kubrick (e da King) ma ritornando all’Overlook per chiudere i conti. Esattamente come per i fantasmi delle vite di tutti.
Premiato a Cannes, il film dei fratelli Dardenne è un'opera ambiziosa negli obiettivi e nello sguardo, ma il risultato è controllato, reticente, incapace di ripensare i propri strumenti di messa in scena e di lettura del reale.
L'opus magnum di Makoto Shinkai riflette tutte le spinte magmatiche e le smodate suggestioni di un cinema che, soltanto quando perde la retta via, (ri)trova sè stesso.
Tra le foglie di un giardino iscritto nella città, e con la durata sospesa tra un lungo e un cortometraggio, Shinkai crea la sua opera di svolta, sorprendente per la ricchezza di spunti in una tessitura apparentemente tradizionale.
Nel variegato e schizofrenico percorso di Shinkai, "Your name." è la punta di diamante, l’opera più equilibrata in cui le varie componenti e direttrici trovano il giusto bilanciamento per formare un film di grande intensità emotiva.
Scorsese firma con l'inchiostro digitale di Netflix il suo film-testamento e l’ultimo grande film del Novecento, incongruenza tardiva che stride con la cronologia e le logiche del contemporaneo e che eppur (r)esiste.