Indie addio: James Mangold approda definitivamente al blockbuster su commissione, scopre i grandi budget e rilancia con stile la carriera stagnante di Tom Cruise.
Anche nel contesto del western, il cinema di James Mangold continua a essere una fucina di storie e di illusioni, e una questione di rapporti tra padri e figli.
A James Mangold non interessa tanto l’amore, quanto l’impegno e la necessità dello stare insieme. Il suo è un cinema adulto sulla coppia e sulla sua messa in scena.
I fuochi d’artificio della commedia romantica praticata con classe: “Kate & Leopold” ci ricorda perché è un genere di cui è necessario sentire la mancanza.
Nella costruzione di un universo da nerd, il sequel del cult di Fleischer si dimostra totalmente incapace di uscire dal proprio mondo per dialogare con il presente.
Dopo un lungo sodalizio con Soderbergh, lo sceneggiatore Scott Z. Burns torna alla regia e firma un solido esempio di cinema d'inchiesta, fedele alla tradizione liberal e sorretto dall'ennesima ottima interpretazione di Adam Driver.
Mangold affronta la malattia mentale traducendola nell'idea di uno spazio chiuso, novella caverna platonica, ove la guarigione dello spirito rappresenta la scelta di un consapevole ingresso nel mondo.
Cronenberg adatta De Lillo con fedeltà assoluta, confrontandosi con la smaterializzazione del reale e la crisi del mondo occidentale e dei suoi elementi costituenti, a partire dal linguaggio.