Zombieland - Doppio colpo

di Ruben Fleischer

Nella costruzione di un universo da nerd, il sequel del cult di Fleischer si dimostra totalmente incapace di uscire dal proprio mondo per dialogare con il presente.

Zombieland - Recensione Fleischer

Cosa farebbe un nerd se gli zombie prendessero il posto degli esseri umani sulla Terra? Secondo Ruben Fleischer in Benvenuti a Zombieland, stilerebbe un catalogo di 32 regole da seguire pedissequamente per raggiungere l'obiettivo della sopravvivenza. E, magari, andrebbe a rifugiarsi nella villa hollywoodiana di Bill Murray, uno che, in fin dei conti, è abbastanza abituato alla fine del mondo.

Zombie e WTF a profusione: erano queste le premesse di un film che, dieci anni fa, raggiungeva lo stato di cult dopo un percorso in sala non troppo brillante (in Italia, Benvenuti a Zombieland è stato destinato soltanto al mercato degli home-video). Da allora, la carriera di alcuni dei protagonisti è decollata, i Marvel Studios hanno dato il via al più esteso universo condiviso cinematografico di tutti i tempi e l'industria mediale è stata colpita da un terremoto che ne sta scuotendo le fondamenta. Eppure, Tallahassee, Columbus, Wichita e Little Rock sono continuati ad esistere off-screen e a portare avanti la loro strenua resistenza contro i non-morti, più agguerriti e violenti che mai. L'interrogativo fondamentale di questo Zombieland: Doppio colpo consiste nel modo in cui i quattro personaggi possono continuare ad esistere sullo schermo cinematografico nonostante l'apocalisse.

In questo nuovo episodio i quattro si separano, intraprendono un viaggio per ricompattare la loro famiglia sui-generis, affrontano i loro doppi e si scontrano con alcune icone dell'immaginario collettivo americano. Più che sullo sviluppo di un plot compatto e organico, il regista e il team degli sceneggiatori si concentrano sulla riuscita di situazioni estemporanee, edificate attorno al nucleo tematico dell'abbandono della propria casa e della ricerca di una strada da percorrere per giungere all'età adulta. Una volta che l'architrave della struttura è stata posta, è abbastanza semplice dispiegare la parodia e infarcire l'insieme di gag, riproponendo lo stesso meccanismo di Benvenuti a Zombieland.

Dotato di una buona capacità di sopravvivenza e di adattamento, il film di Fleischer torna a riflettere sulla rielaborazione dei codici di genere facendo affidamento sulla propria competenza nerd. Tuttavia, in modo molto similare a Venom - approdo di Fleischer nell'MCU - , anche questa commedia horror sembra giunta fino a noi da uno spazio-tempo differente e altero. I ritmi da commedia demenziale segnata da venature horror funzionano ma il film è talmente chiuso nel proprio mondo da risultare privo della capacità di dialogare con il presente e con tutto ciò che esiste fuori Zombieland. Lo stesso rapporto che si instaura tra Tallahassee e Nevada (interpretata dalla rediviva Rosario Dawson) sembra esemplificare le dinamiche di un film condannato a partire e a cercare la propria via autonoma per poi girare in tondo su sé stesso e muoversi soltanto nel recinto di casa.

Dopo dieci anni di distanza dal primo episodio, era lecito aspettarsi qualcosa in più di un contenitore di autocitazioni in cui le singole scene contano più della creazione di una storia compatta e coesa.

Autore: Matteo Marescalco
Pubblicato il 18/11/2019

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