Venom

di Ruben Fleischer

Il cinecomic di Fleischer trasforma il simbionte nemico di Spider Man in protagonista assoluto di una commedia demenziale dalle venature horror, strano ufo che scombina ogni traiettoria e coerenza classica del genere.

Venom - recensione film Marvel

Venom, il personaggio del simbionte Marvel, ha debuttato al cinema nel 2007, quando apparve nel canto del cigno della trilogia di Sam Raimi dedicata a Spider Man. Il terzo episodio della saga è rimasto nella memoria per la sua pletora di story-line, tale da sfiorare il rischio di collasso; tuttavia, a parere di chi scrive, quest’eccesso permetteva al film di raggiungere uno straordinario risultato: come con il fluviale King Kong di Peter Jackson, anche Spider Man 3 si poneva alla stregua di un proto-film interattivo, un esperimento in grado di offrire allo spettatore talmente tante vie di sbocco da spingerlo a seguire e ad approfondire quella prediletta. Il risultato di critica e di pubblico, tuttavia, fu al di sotto delle aspettative.

Con l’uscita di Venom, diretto da Ruben Fleischer, la creatura di David Michelinie e di Todd McFarlane si è nuovamente impossessata dei fruitori da sala di tutto il mondo, ma stavolta, per questione di diritti, l’Uomo Ragno è stato bandito da questo stand alone sull’arrivo sulla Terra del simbionte. Il parassita amorfo si è innestato nel corpo di Eddie Brock, un reporter senza scrupoli che ha visto la propria vita andare in malora a causa di un servizio realizzato su Carlton Drake che, dietro l’aspetto da filantropo, nasconde ambigui segreti. Drake è, infatti, CEO di Life Foundation (l’easter-egg farebbe pensare ad un naturale nesso con la materia lovecraftiana del recente film di Daniel Espinosa con Jake Gyllenhaal), un laboratorio che non si crea il minimo scrupolo a condurre sperimentazioni illegali su cavie umane. La convivenza tra Brock e Venom non è tutta rose e fiori ma se il primo ha offerto al secondo un corpo sicuro dentro cui prosperare, il secondo sembra riuscire a sfruttare alla perfezione l’assenza di barriere etiche e gli istinti bassi e convulsi del reporter.

Nonostante un arco di trasformazione del simbionte dannatamente accentuato ed inspiegabili buchi di sceneggiatura su cui è opportuno non soffermarsi troppo, in Venom c’è un aspetto interessante che è impossibile non notare. Sin dai primi minuti, infatti, la sensazione è di schiantarsi contro un prodotto giunto fino a noi da uno spazio-tempo differente, uno strano ufo fiero della propria alterità, un essere irriducibile a qualsiasi catalogazione di genere in grado di detonare le porte dell’immaginario e del cinema classico. Come dovrebbe fare ogni horror o fantasy che si rispetti, Venom scardina le regole dei film di supereroi, percorre strade differenti, spesso incappa in ostacoli che sarebbero stati facilmente aggirabili ma, proprio per questo, ha il merito di distinguersi dalla massa di cinecomic che affastellano il mercato. Il suo cuore pulsante è nero come la polimorfa materia di cui è fatto l’alieno che risveglia la passività schizofrenica di Eddie Brock, gettato in un mondo di muscoli e ironia che la frustrazione gli aveva da tempo fatto mettere da parte.

Il film di Fleischer ha trovato in Tom Hardy un perfetto interprete, un cavaliere oscuro che regge sulle proprie spalle i ritmi da commedia demenziale dalle venature horror, incurante del disastro che una tale commistione di generi così diversi potrebbe provocare. Il rischio da scongiurare è quello di sottovalutare un film che, nell’utilizzo di un attore del genere, che è l’emblema di qualsiasi viaggio sconsiderato e fuori traiettoria, e negli squilibri di cui soffre la sua struttura, ha dimostrato di saper costruire un insieme coerente con la natura del personaggio Venom e dei generi horror e commedia, basati da sempre sulla genuinità di divertimento e reazioni emotive.

Autore: Matteo Marescalco
Pubblicato il 05/10/2018

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