L’incontro tra Wheatley e Ballard delude le aspettative, con un film pavido e superficiale che banalizza la materia di partenza spegnendone ogni carica eversiva e politica.
Un viaggio a bordo di un cargo mercantile diventa nel documentario di Mauro Herce una rappresentazione apocalittica del capitalismo industriale e dei fantasmi che lo abitano.
Non più il teatro della carne ma l'intera società del tempo, The Knick fa sua la migliore coralità televisiva per narrare l'insorgere del Novecento a partire dal contagio e dalla dipendenza.
Ancora una volta Bill Murray pesce fuor d'acqua, per un film che ammicca debolmente alla satira bellica per tingersi di favola, in modo però semplicistico e terribilmente banale.
Replicando in peggio le riflessioni di Skyfall, Spectre nasconde sotto la sua decostruzione il timore di confrontarsi con una nuova serialità che sia autonoma e classicamente contemporanea.
Quello di Zemeckis all'immaginario collettivo è un dono taumaturgico di indiscutibile necessità e potenza, palingenesi che nasce dal rapporto ontologico tra cinema e città.
Luci e ombre del primo anno di Monda, di certo la miglior "Festa" vista finora ma anche una kermesse non riuscita, che ancora una volta ci porta a interrogarci sul senso della Fondazione Cinema.
Helgeland porta con ironia il tema del doppio all'interno del gangster movie, di cui cerca di rievocare la classicità all'interno di equilibri comunque personali.
Il doc di Longoria sulla Corea del Nord non si accontenta di finire vittima felice della regia preimpostata dal regime, ma cerca anche una giustificazione retorica alla propria vacuità.