Creed – Nato per combattere

di Ryan Coogler

L'eredità del mito di Rocky raccolta da uno spin-off energico e accattivante che colpisce duro senza tradire il cuore ingenuo e pulsante delle origini

creed recensione film 2015

É un pezzo consistente di immaginario collettivo quello con cui decide di confrontarsi Creed, opera seconda del regista Ryan Coogler e spin-off della più celebre saga pugilistica della storia del cinema.
Quarant’anni e una portata iconica difficilmente quantificabile non sono un’eredità da poco, eppure l’epopea di Rocky – dramma sportivo e sentimentale a base di rivalsa, lacrime e sangue ideato e interpretato da Sylvester Stallone – riesce inaspettatamente nell’impresa di trovare nuova linfa vitale in una sorta di sequel (gli eventi sono successivi a quelli del sesto episodio, Rocky Balboa) che porta paradossalmente con sé tutti gli stilemi e l’energia rinnovatrice del più riuscito dei reboot.

Sul solco di una tendenza non nuova a operazioni di questo genere (basti pensare ai recenti esempi di Jurassic World e, soprattutto, de Il risveglio della forza), ma col coraggio inedito di sapersi smarcare, fin dal titolo, dall’ombra ingombrante della saga di riferimento, Creed si fa riproposizione, aggiornata e corretta, di una vera e propria mitologia, esempio folgorante di quanto sia emotivamente forte e irresistibile, ancora oggi, una narrazione fatta della stessa sostanza di quel Sogno che aveva trasformato un pugile fallito di Philadelphia nel simbolo stesso di un mondo e di un intero sistema di valori.

Solo apparentemente ribaltata di segno, a prima vista distante da quel desiderio di riscatto che muoveva, instancabilmente, i pugni dello Stallone Italiano, la parabola del giovane Adonis (il convincente Michael B. Jordan), figlio illegittimo del mitico Apollo Creed, un’infanzia trascorsa tra riformatori e case famiglia fino all’adozione da parte della vedova del campione e l’ottenimento di quel cognome tanto altisonante e (per lui) castrante, ha in realtà l’esatta, speculare forza del tenace viaggio di Rocky Balboa, quello stesso, identico coraggio in grado di superare ostacoli e paure per vincere, finalmente, la vera battaglia con sé stessi.
È questo mettersi in gioco, questo desiderio di ripartire da zero con le proprie sole forze, questa energia infinita che viene immancabilmente dal cuore prima ancora che dai muscoli, dalla fiducia nelle proprie capacità prima ancora che dalla “fame” di successo, a rinnovare la forza dell’intera saga e a convincere Rocky ad allenare Adonis, in un passaggio di testimone sorprendente eppure mai così coerente.

Dopo essersi già favorevolmente distinto con il film d’esordio Prossima fermata Fruitvale Station, il ventinovenne Coogler, con un’innegabile dose di consapevolezza tecnica ed espressiva, lavora sul mito svecchiandolo e aggiornandolo, rendendolo accattivante pur senza mai tradire lo spirito splendidamente emotivo e naif delle origini, il cuore grande e ingenuo dei suoi protagonisti archetipici, in un perfetto equilibrio tra novità e nostalgia, spettacolo e sentimento.
É lungo questa linea di confine che si muove, vecchio e acciaccato, finalmente di nuovo fragile nella sua ritrovata dimensione da outsider, il Rocky di Stallone (per la prima volta non sceneggiatore di un film della saga), presenza malinconica e dolente, spesso relegata ai margini dell’inquadratura o sfocata sullo sfondo, (anti)eroe liminale ed evanescente, autoironico e crepuscolare che regala al suo interprete la performance della vita. Il resto è (ancora una volta) rivalsa, lacrime e sangue, amore (quello tra Adonis e la Bianca di Tessa Thompson, sua personale versione di Adriana) e grande spettacolo, tra scontri girati in un unico, virtuosistico piano sequenza e carrelli vorticosi in un crescendo emotivo dove sono gli affetti a scandire il tempo e a ridare il senso di un mondo dove tutto è (sempre stato) possibile.
Fino alla catarsi dell’immancabile scontro finale, dove l’epica resuscita e la macchina da presa si immerge tra frustrazioni, sudore e ganci devastanti, alla ricerca di quel cuore ingenuo e sincero che, tornato a nuova vita, ricomincia, indomito, a pulsare.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 13/01/2016
USA 2015
Regia: Ryan Coogler
Durata: 133 minuti

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