Una dichiarazione programmatica di rinnovamento caratterizzata da un’insolita leggerezza di sguardo e più in generale da una smaccata consapevolezza teorica.
Kammerspiel ipnotico dove implodono le ossessioni del contemporaneo, s’invertono i rapporti di potere e si consumano lotte di genere, alla ricerca disperata di una propria identità nel mondo.
Affossato da confusione narrativa e ironia fuori posto, il reboot della saga di Terminator ci ricorda (come Jurassic World) della difficoltà che ha Hollywood nel rinverdire il proprio immaginario.
Noah Baumbach filma quello che è con ogni probabilità il suo miglior film, un incontro-scontro di coppia che demistifica tanto le vecchie quanto le nuove generazioni, con cattiveria e brillantezza.