Operazione U.N.C.L.E.
Una spy story divertente e riuscita in cui stile degli anni Sessanta diviene un irresistibile emblema mitico

In film come Operazione U..N.C.L.E. c’è sempre una temibile bomba atomica pronta a distruggere il mondo. E poiché la storia è ambientata al tempo della Guerra Fredda, potremmo pensare che i principali responsabili di questo imminente disastro siano le due super potenze dell’epoca, USA e Russia; ma sarebbe un madornale errore. In questo adattamento cinematografico di una celebre serie tv degli anni Sessanta i due stati sono costretti a deporre temporaneamente le armi e unirsi contro un terzo incomodo, un gruppo di ambiziosi folli ed ex nazisti senza scrupoli. I due migliori agenti segreti delle fazioni americane (Henry Cavill) e sovietiche (Armie Hammer) vengono pertanto costretti a superare la propria reciproca avversione per lavorare in squadra e aiutare la figlia del costruttore della bomba in questione (Alicia Vikander) a fermare il padre, il tutto in una splendida Italia dall’atmosfera frizzante e lussuosa. Tutta qui la trama del nuovo film di Guy Ritchie, ma sufficiente per una storia che fa della velocità e dello stile il proprio feticcio retorico.
Ciò che accade in Operazione U..N.C.L.E. difatti perde gradualmente di importanza, lasciando spazio a una velocità di ripresa e montaggio che punta al godimento dello spettatore: la guerra fredda, le capacità intellettuali e fisiche delle spie protagoniste e soprattutto l’epoca dell’ambientazione sono topoi che il regista manipola sagacemente per esaltarne le qualità esclusivamente visive, di modo che il profilo scontato del soggetto non si riveli un peso quanto un’opportunità per il film di diventare leggero, pura immagine in movimento che scorre senza sosta sullo schermo per il piacere del pubblico. I corpi massicci dei due agenti segreti corrono, lottano, e si punzecchiano armoniosamente, controbilanciati dalla figura esile e delicata della ragazza loro complice; ma soprattutto è lo stile degli anni Sessanta, rappresentato dagli abiti, dai gioielli, dal trucco, a diventare simulacro artefatto ed esasperato, e pertanto, il vero protagonista della storia. Qualora ci si voglia sforzare a trovare in tutto ciò una sottintesa profondità narrativa, è forse la schizofrenia non confessata di un decennio teso fra un’estrema, gioiosa vitalità esplosa cromaticamente, e la nascosta minaccia nucleare di un’imminente fine del mondo, a risaltare in Operazione U.N.C.L.E. : opera in cui gli splendidamente abbigliati e iperdotati personaggi agiscono con eleganza e garbo per evitare niente poco di meno che la distruzione del pianeta.
La distanza facilita sempre l’idealizzazione delle cose, e lo scopo di Guy Ritchie è di lavorare sopra i miti della storia, trasformandoli in artefatti narrati da ricomporre in modo da produrre la migliore combinazione visiva possibile. Operazione U.N.C.L.E. vince la sfida su tutta la linea, rivelandosi un film estremamente gradevole e spiritoso, dove gli amori nascono al momento giusto ma i baci ritardano quanto basta per stuzzicare il pubblico. E alla fine anche la rivalità americano-russa si trasforma, con gli occhi di chi guarda da lontano a un’epoca scomparsa, in un’esperienza folle e poco seria, una macchietta di cui il cinema può appropriarsi per fare una delle cose in cui è più bravo: giocare con la storia, e divertirsi tantissimo nel farlo.