Orso d'Argento a Berlino 68, il secondo lavoro in stop motion di Wes Anderson vive come al solito di dettagli e frammenti, ma anche di un'inedita anima politica.
Come il suo protagonista, Desplechin abbandona la prospettiva lineare, un principio ordinatore, mescolando vita e sogno, realtà e rappresentazione nel dare forma ai propri fantasmi.
Fin dall'assunto iniziale, Ghost Stories viene meno al patto di fede autore-spettatore, dileggiando il legame etico tra i due termini in nome del colpo di scena finale.