It’s all true: un fake memoir dal sottobosco del cinema hollywoodiano, un sogno di compensazione in cui si cerca il riscatto di una vita senza perdere di vista certi elementi di crisi del contemporaneo.
Una voce al caldo che racconta mentre fuori fa freddo, un neonoir sul potere del racconto e sulla necessità umana di ordinare il mondo attraverso la narrazione.
L’immagine come oggetto contundente, tutto il peso della macchina da presa che impatta contro il reale e scava nelle contraddizioni e interstizi del corpo sociale. A giudicare dai primi due episodi, Rodrigo Sorogoyen firma una delle grandi serie del 2020.
Uno sguardo agli ultimi almanacchi cinefili pubblicati da Movieplayer.it, guide intelligenti e appassionate per scoprire e leggere di cultura pop in modo colloquiale e senza superficialità.
Variazione sul tema del giorno della Marmotta, un nuovo loop temporale per raccontare la crisi esistenziale della generazione Y per cui "tutto ciò che è solido svanisce nell'aria".
Un cinema in cui la vita semplicemente accade, un racconto di educazione sentimentale che riflette sull'identità e gli affetti attraverso ricorsi melò controllati e maturi.
Cinema di possessione schizofrenica, infestato di storie, volti e corpi tutti da raccontare, il film di Spike Lee per Netflix è sbilanciato e prolisso, ma è un ritratto importante di una legione inascoltata che non possiamo ignorare.
Vincitore dell'Orso d'Argento, il film dei D'Innocenzo è un plastico dalla tragedia manifesta, un diorama mostruoso preparato a tavolino con compiaciuto nichilismo da cui non emerge nulla, non nasce nulla. Un cinema sterile.