Asteroid City

di Wes Anderson

L'estremo controllo formale e la consueta moltiplicazione di vicende e personaggi al servizio di un cinema che sembra adagiarsi su se stesso, e in cui sempre più latita emozione e sorpresa.

asteroid city recensione film

È il 1955 e tutto sembra tranquillo ad Asteroid City, cittadina fittizia degli Usa, immersa in un deserto Looney Tunes e nota per un cratere gigante, fossile della caduta di un asteroide. La cittadina sta per animarsi, poiché diventerà presto lo scenario di una convention di Space Cadet, ragazzini “cervelloni”, ognuno con un proprio progetto scientifico rivoluzionario. Tuttavia il raduno sarà interrotto da un evento fuori dal comune: l’arrivo di un alieno che manderà in subbuglio tutto e tutti… Ma non finisce qui, perché secondo Wes Anderson Asteroid City in realtà è la messa in scena di una commedia in tre atti e un epilogo, narrata da Bryan Cranston, scritta da un drammaturgo interpretato da Edward Norton e girata da un regista (Adrien Brody).  Una matrioska filmica che alterna i toni del bianco e nero ai colori pastello dell’enorme deserto fittizio, ricalcando l’esperimento di The French Dispatch. Questo alternarsi tra “reale” e finzione sottolinea forse la tendenza del regista a presentarci personaggi che sono sempre più concettuali, in un film in cui, nonostante gli sforzi, la narrazione è tutt’altro che lineare, ma appare senz’altro sacrificata, affogata dal concetto. C’è da interrogarsi sulla possibilità che sia proprio questo l’intento di Wes Anderson: far perdere le coordinate allo spettatore, catapultandolo in un luogo sospeso in un tempo apparentemente definito (gli anni ’50) ove però i personaggi sono alla ricerca di un contatto, che sia fortemente umano o extraterrestre. E il contatto tra i personaggi è il tema che apre debolmente la ricerca dell’emozione: il rapporto tra i vari teenager cervelloni sembra a momenti ricalcare le vicissitudini amorose di Moonrise Kingdom, senza riuscire, tuttavia, a riproporre quella amorevolezza che sprigionavano i protagonisti di allora.

È un Wes Anderson che cita sé stesso, vi sono infatti certamente richiami a I Tenembaum: anche qui un padre single con una manica di figli a cui badare. Jason Schwartzman è il vedovo di questa storia, padre di Woodrow il cervellone e di tre piccole bambine (vera rivelazione attoriale del film). Nella vicenda sfortunata di questa famigliola ci sono attimi di tenerezza purissimi, in cui anche il tema della morte è toccato con la giocosa sensibilità a cui il regista ci ha abituati nel corso delle sue opere. Ed è forse questo fare cinema un po’ trasognato, un po’ al confine, ancora il punto di forza di Anderson che come in The French Dispatch gioca qui con un coloratissimo scenario e una parata di attori di altissimo livello (Tom Hanks, Scarlett Johansson, Maya Hawke, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Steve Carell, Margot Robbie, Hope Davis ecc) che provano a dare corpo ai vari personaggi, senza riuscire tuttavia a restare veramente memorabili.
Anche il rapporto che si dipana tra Jason Schwartzman e la Johansson non convince, restando intrappolato nella formalità delle inquadrature andersoniane, senza liberarsi e restando piuttosto sterile, senza toccare l’emotività di chi guarda. Anche il duo Maya Hawke - Rupert Friend (truccato e vestito alla Paul Newman) appare sacrificato a poche inquadrature e la loro storia viene troncata come quella di tutti gli altri, con il semplice epilogo di liberazione di Asteroid City.

Il continuo alternarsi dei due livelli del racconto non aggiunge nulla di significativo alla messa in scena. E proprio il personaggio di Norton, nella parte in black&white, non convince, perso nelle sue crisi creative e inneggiante al “You can’t wake up if you don’t fall asleep” (Non puoi risvegliarti se non ti addormenti). Ecco probabilmente il cinema di Wes Anderson si è un po’ addormentato nella sua stessa maniera, e non riesce più a scuotere lo spettatore; nonostante le scenografie degne di premio Oscar, e i colori e le forme di Happy Days, il formalismo soffoca l’emozione. Attendiamo il risveglio.

Autore: Brunella De Cola
Pubblicato il 27/09/2023

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