L'invettiva politica si stempera nella farsa nell'opera prima di Cord Jefferson. Una commedia drammatica che dice molto su cosa sia oggi l'industria culturale statunitense, non senza qualche programmatica semplificazione.
L'estremo controllo formale e la consueta moltiplicazione di vicende e personaggi al servizio di un cinema che sembra adagiarsi su se stesso, e in cui sempre più latita emozione e sorpresa.
Anderson spinge le sue immagini fino alla radicalità per tentare un discorso di elaborazione del trauma della morte ma paga un prezzo troppo alto: perde il mondo e perde il cinema.
Si conclude la storicizzazione del mito postmoderno, l'ultimo film di Bond-Craig chiude un arco narrativo che per riflessione simbolica, storica e linguistica non ha pari nell’immaginario pop contemporaneo.
Affiancato di nuovo da Scott Z. Burns, Soderbergh prosegue il suo cinema insurrezionalista e mette in piedi una giostra metacinematografica capace di unire in modo esilarante riflessione teorica, impegno liberal e ricostruzione giornalistica.
Shyamalan firma un nuovo film sull'America e le sue paure, in cui solamente attraverso una dimensione comunitaria è possibile (ri)scoprire il proprio ruolo nel mondo.
L’apocalisse messa in scena da Jarmusch ha il colore della notte e il ritmo monotono della quotidianità, una resistenza alla decadenza dettata da due corpi che traggono forza dal loro amore.