Spider - Man: Across The Spider-Verse

di Joaquim Dos Santos Kemp Powers Justin K. Thompson

Straordinario "film-wiki" che accoglie il paradosso di un cinema sempre più interattivo, liquido, espanso e tuttavia umanissimo, impegnato ad accompagnare lo spettatore nel confronto con le nuove immagini digitali e la scintilla umana che vi sopravvive all'interno, la vera Ghost In The Machine.

Spider-Man- Across The Spider-Verse-Recensione-Film-Marvel

Bisogna cominciare a mettere dei punti, definire degli spazi. Ce lo impone un cinema contemporaneo sempre più post, che sembra sempre più un organismo colto in evoluzione continua, senza limiti, sempre più oltre i suoi spazi tradizionalmente deputati. Bisogna farsi le domande giuste, definire correttamente i ruoli d’azione: Il rischio, altrimenti, è quello di confrontarsi con uno spazio densissimo che tuttavia non comprendiamo, che bolliamo, spesso, come vuoto, inerte.
E allora la domanda principale, quella da cui partire non può che essere “Dove si pone l’uomo, il suo sguardo, in tutto il sistema?”

Poche settimane fa scrivevamo in effetti dell’ultimo John Wick, un film per l’appunto radicale nel suo approccio, una profezia di un cinema futuro pronto a gemmare non solo al di fuori della sala ma anche lontano da uno spettatore che ne giustifichi l'esistenza. Ebbene Spiderman – Across The Spider-Verse capitolo centrale della trilogia animata dedicata all’arrampicamuri afroamericano Miles Morales, pare davvero il contraltare del film di Stahelski. Perché se il franchise di John Wick ragiona sempre più a partire dalle macerie di un vecchio medium, la saga Marvel/Sony ha voluto cogliere quella stessa metamorfosi mediale nel suo farsi, costruendo attorno a essa un mondo in cui l’immagine accoglie nuove suggestioni, nuovi linguaggi, tesa tra alta e bassa fedeltà, analogico e digitale. Ma stavolta al centro di tutto il processo c’è il corpo di Miles, vero e proprio indice del processo di mutamento formale, sempre più ricco, definito, fluido nelle animazioni man mano che il suo viaggio dell’eroe arriva all’apice.
Perché la saga Marvel Sony, a differenza del film di Stahelski è convintamente umanista, perché qualsiasi cosa succeda l’uomo è sempre lì, Spider Man sarà sempre lì.

Ecco, già questa suggestione permette di proseguire la lettura duale, tra uomo e dati del franchise, assecondando intuizioni a tratti spiazzanti. Perché se il primo capitolo raccontava il viaggio di un ragazzino che diviene eroe ma anche quello di un’immagine analogica, “del vecchio mondo”, che diviene gradualmente digitale, ecco che in questo Across The Spider-Verse lo scontro di Miles con gli altri Ragni dello Spider-verso che vorrebbero costringerlo a compiere scelte terribili ma necessarie a salvare la realtà è la storia di un dato estraneo, di un bug o glitch che non sta alle regole, che il sistema tenta di rigettare e che, malgrado tutto, non si rassegna alla cancellazione. Ma anche, al contempo, la storia di un ragazzo che rimarca, inquadratura dopo inquadratura, gesto dopo gesto, la sua dignità di essere fisicamente nel mondo. È un discorso teso tra tecnica e biopolitica che, prevedibile, vale per Spidey ma anche per lo spettatore, anch’egli “mancante” nei confronti dell’immagine digitale, spesso soverchiato dall’overdose di input con cui i due capitoli della saga lo hanno bombardato fino a questo momento.


Il film di Dos Santos, Powers e Thompson prende di petto uno dei problemi centrali del cinema della Franchise Age, quello che si costruisce a partire da un world building forsennato, straordinario ma che poi, spesso, si dimentica cosa farci davvero con quei mondi una volta che il sense of wonder è finito e lo spettatore si ritrova circondato da una serie di segni che a volte non sa neanche come interpretare. Da questo punto di vista, pare davvero un film didattico, un sequel che dopo aver immerso chi guarda in un mondo gli insegna come confrontarsi con questo nuovo sistema mediale, come educare lo sguardo alle immagini del Post Cinema - come già ha fatto lo straordinario Avatar – La via dell'acqua di Cameron che, attraverso l’HDR, pareva voler allenare la visione degli spettatori al contatto con l’altissima definizione.

Spider-Man-Across-The-Spider-Verse-Recensione-Film-Marvel

Across The Spider-Verse è più diretto: invita chi guarda a entrare nel nuovo sistema delle immagini, a interagire con esse al di là delle conseguenze, come esplicita chiaramente una delle sequenze cardine del film, quello scontro forsennato al Guggenheim di New York contro il Vulture “anomalo” in cui sembrano incontrarsi tutte le tensioni tematiche al film, interne ed esterne, dal continuo ritorno agli spazi del museo (davvero uno dei motivi centrali di un cinema “Post” che pare chiedersi costantemente quale sia il suo nuovo spazio d’azione) alle frecciate rivolte al senso dell’arte e dei media, oggi, che puntellano i dialoghi fino all’exploit di Vulture che quasi va in estasi dopo aver lanciato un’occhiata alla Manhattan contemporanea, quasi avesse imparato (di nuovo) a vedere per la prima volta.  

Tutto qui, in effetti, pare giocarsi a partire da un’immagine paradossale, di puri dati eppure tangibilissima, tattile, che invita chi guarda all’interazione, all’analisi, alla contemplazione. Magari non solo grazie a una vista sempre più acuta ma (altro paradosso straordinario) anche grazie a un gesto apparentemente insensato: interrompere il flusso delle immagini. È un passaggio decisivo, questo, che interroga evidentemente l’identità del progetto (è ancora il cinema il luogo di un film che chiede un approccio del genere?). Così non capita di rado che il fotogramma si popoli di note, espansioni che dettagliano oggetti o personaggi, ma anche solo di citazioni, rimandi, riferimenti incrociati a oscuri artefatti pop, come nella sequenza della passeggiata nel quartier generale della Spider Society (ancora un museo, tra l'altro) elementi difficili, tuttavia, da percepire a velocità normale per lo spettatore/utente non dotato di fermoimmagine. Across The Spider-Verse pare davvero l’esito più maturo del contemporaneo (e digitale) cinema Wiki, che costantemente chiede l’intervento dell’utente per riempire buchi di senso grazie all’ausilio dell’imprescindibile enciclopedia online, magari tematica, di riferimento. E tra l’altro non è un caso se i contenuti virali più popolari legati al film sono soprattutto i video breakdown che elencano tutti gli easter egg del film che “forse ci sono sfuggiti”.

Così, opportunamente educati, gli spettatori magari possono essere testimoni di un’illuminazione, rendersi conto, magari, di quanto (altro grande paradosso) un film ripiegato sulle immagini sia in realtà quasi fondato su una scrittura altrettanto densa. Pare davvero l’ennesimo gesto politico del film, che considera gli spazi del Post Cinema, gli stessi spazi apparentemente freddi, astratti da cui si è partiti, gli unici (o quasi) in cui è possibile ancora pensare certe grandi narrazioni e ritrovare così il senso del personaggio Spider Man, con tutti i suoi dubbi, le sue incertezze, la sua identità in formazione. Eccolo, forse, il Ghost In The Machine di Ryle. il fantasma nella macchina aggiornato ai tempi, l’umanità, il corpo che sopravvive, ancora, al digitale, eccola, forse, l’anomalia centrale di Across The Spider-Verse, quella da cui proseguire l'evoluzione.

Autore: Alessio Baronci
Pubblicato il 16/06/2023

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