Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn

di Cathy Yan

Come "Joker" di Todd Phillips, anche il film di Cathy Yan fallisce nella ricerca di un approccio differente al cinecomic, dando vita a un progetto più blando e innocuo di quanto si potesse sperare.

Birds of Prey - Recensione film Yan

Poco tempo fa, si discorreva sulla figura di Margot Robbie e sulla sua eterea e sognante Sharon Tate in C'era una volta a...Hollywood. Nel film di Tarantino, l'attrice prestava il proprio volto e la sua leggiadria alla costruzione di una forma d'innocenza che redimesse i ricordi e desse vita a una realtà nuova, liberata dal marchio dell'incubo. In un certo senso, altri due iconici personaggi interpretati dalla Robbie in Tonya e in Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn si sono mossi sullo stesso binario. Anche Tonya Harding e Harley Quinn infatti hanno perseguito la ricerca di un regno incantato che risolvesse le storture del reale. La prima lo ha fatto nel biopic diretto da Craig Gillespie, attraverso l'instaurazione di un rapporto ludico con lo spettatore basato sulle tecniche del mockumentary e su frequenti rotture della quarta parete; il secondo personaggio, invece, quello della svampita omicida, gioca uno sport totalmente diverso.

Mollata da Joker, Harley Quinn attraversa un momento buio ed è in crisi con il modello di donna che vuole incarnare. Venuto meno il fidanzamento con la nemesi di Batman, la Quinn perde anche la sua protezione e dovrà affrontare tutti i cattivi di Gotham, coalizzatisi per vendicarsi dei torti subiti. Sulle sue tracce si mette una sorta di suicide squad al femminile: un'adolescente cleptomane, un'agente di polizia costretta a subire torti quotidiani da parte dei colleghi uomini, la cantante di un night club, una misteriosa assassina armata di balestra e l'egocentrico boss Black Mask. McGuffin del racconto? Un diamante che tutti quanti vogliono stringere tra le proprie mani.

Birds of Prey è il sequel diretto di Suicide Squad e, oltre che combatterne il testosterone e le scadenti critiche ricevute, vorrebbe aggirare lo snyderismo di fondo del primo periodo del recente DC Extended Universe. Già nel film anarchico e discontinuo messo in piedi da David Ayer, Harley Quinn rappresentava un fenomeno di costume difficilmente controllabile e, quindi, perfetto in vista della svolta Warner, che ha optato per lo scioglimento di un franchise solido e per la realizzazioni di film con relazioni meno vincolanti. D'altronde, lo stesso status del personaggio principale - una donna abbandonata e distaccatasi da un gruppo che, adesso, deve dimostrare a tutti i costi di sapersela cavare da sola - rispecchia la costruzione di un film che cerca in tutti i modi di vendersi come teaser per un progetto successivo.
In primo luogo, è proprio in questo senso che Birds of Prey può considerarsi come un esperimento fallito. Il fatto che al gruppo di mercenarie venga dedicato soltanto il terzo atto, costruzione seminale di un inevitabile sequel, priva gran parte del racconto dei momenti di gruppo - che sono quelli che meglio funzionano e hanno un buon impatto coreografico - e cozza contro le ripetute dichiarazioni della voce narrante di Harley. La contraddizione in termini è anche accompagnata da un'ansia nei confronti dell'azione che precipita più volte in un taglia e cuci funambolico e basato unicamente sul flusso mentale della sua protagonista. Tutti i ralenti, le accelerazioni e i colpi da commedia slapstick sono un riflesso mentale della precaria condizione psicofisica di Harley. Nulla, però, riesce a eguagliare la genuinità e la storta spontaneità di un film quale Suicide Squad, gigante dai piedi d'argilla, contenitore in grado di dar vita a svariate suggestioni cinefile e irruzioni di violenza e disorganizzazione da lasciare esterrefatti. Sembra quasi che sia la ricerca a tutti i costi della confezione autoriale a privare film quali Birds of Prey e Joker della capacità autentica di dialogare con il presente e di dare vita a complessità e contraddizioni interne che ne valorizzino la struttura.

È un vero peccato che la vera anima di un film del genere risieda nell'essere il controcampo di qualcos'altro piuttosto che un vero oggetto originale e grezzo. Lo spettro della normalizzazione è dietro l'angolo e sbatte fragorosamente contro le dichiarazioni di Harley Quinn, convinta davvero di essere diversa da tutti quanti.

Autore: Matteo Marescalco
Pubblicato il 08/02/2020

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