EROTIC THRILLS - Sliver

di Phillip Noyce

Nel tentativo di bissare il successo di "Basic Instinct", Sliver dimentica la ragione principale della popolarità del film di Verhoeven, privando la Stone della sua aura di femme fatale.

Sliver - recensione film noyce

[Questo articolo fa parte di uno speciale monografico dedicato alla figura eversiva, politica, erotica della femme fatale, nato dalla convinzione che «l’immagine, ancor più se sessuale, è sufficiente a creare una narrazione (dei generi, del pensiero, della cultura, del mercato)». L’immagine crea, e il cinema «fa ancora la differenza», nonostante tanta parte del contemporaneo sia volta oggi alla produzione di immagini-corpo depotenziate, depauperate, inviluppate di teoria e rivendicazione intellettuale desessualizzata. Incentrato sul neo-noir (dal revival postmoderno di Brivido caldo all’eccesso parodico di Sex Crimes), questo speciale nasce come risposta a tale condizione imperante e prende corpo da un testo specifico, Brivido caldo – Una storia contemporanea del neo-noir, di Pier Maria Bocchi. A lui abbiamo chiesto un’introduzione, che potete trovare qui, in cui vengano tracciate le linee guida del nostro lavoro, per una riscoperta del potere eversivo del desiderio].

Era inevitabile, dopo l'enorme successo di Basic Insinct, che il cult di Paul Verhoeven – un film capace di dettare e insieme riscrivere le regole del neo-noir portandolo all'apice della popolarità – generasse la sua discreta (e il più delle volte deprecabile) sequela di epigoni. Tra questi, sicuramente un posto di rilievo è occupato dallo Sliver di Phillip Noyce, il più esplicito (e sfacciato) tentativo di replicare la formula vincente del predecessore, riprendendone atmosfere, autori e star principale.
Ripetere la stessa ricetta, però, costruendo attorno all'ormai iconica Sharon Stone un film derivativo seppur con significative variazioni, a volte non basta. Perché alla vicenda di Carla Norris (Stone), donna in carriera che si trasferisce nell'appartamento di una ragazza morta in circostanze misteriose finendo ben presto all'interno di un triangolo amoroso tra l'insistente scrittore Jack Landsford (Tom Berenger) e l'ambiguo Zeke Hawkins (William Baldwin), manca il fascino morboso ma anche l'ironia teorica di un film come Basic Instinct, e lo spessore eversivo di un outsider come Verhoeven.

Noyce, dal canto suo e da esperto di thriller qual è, cerca di limitare i danni di una sceneggiatura - tratta da un romanzo dell'autore di Rosemary's BabyIra Levin, e firmata dallo stesso Joe Eszterhas di Basic Instinct – che, nelle dinamiche, pare la copia ribaltata della precedente, con la Stone che passa da carnefice a vittima e Baldwin che diventa quasi un inquietante oggetto del desiderio, tra immancabili riferimenti hitchcockiani (questa volta a La finestra sul cortile), colpi di scena rimasticati e un'idea di thriller erotico che comincia già a dare i primi segni di cedimento.
È proprio nella sua struttura infatti che il film incespica ripetutamente, mentre i temi cari al genere non diventano altro che una riproposizione superficiale di un immaginario già stanco e svuotato, tra repressione sessuale, voyeurismo e sadomasochismo, alla ricerca di una scabrosità inevitabilmente ricondotta alla solita misoginia di fondo e a un erotismo patinatissimo e innocuo.

Messa da parte la figura della femme fatale, senza dubbio il vero fulcro narrativo dell'intero filone, è però soprattutto Sharon Stone a risentirne, un'interprete svuotata quasi completamente della propria carica erotica e di quel fascino iconico che ne aveva consacrato l'immagine perturbante. E se proprio il tema delle immagini e il loro uso improprio, tra monitor di videosorveglianza e responsabilità dello sguardo, poteva prestarsi a ben altra riflessione, Sliver preferisce stare nel solco di una critica già datata, incapace di penetrare il presente tanto quanto di assecondare le dinamiche di un genere che qui pare un contenitore vuoto, privato del suo stesso motore originario. Fino a fare di quella dark lady che era quintessenza del noir nient'altro che una presenza fantasmatica, un'immagine che vorrebbe rimandare ad altro ma che nulla conserva di quella potenza sensuale, distruttiva e irrimediabilmente scorretta che ne aveva decretato il successo.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 22/03/2021
USA 1993
Regia: Phillip Noyce
Durata: 108 minuti

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