Driven

di Nick Hamm

Lo spazio dedicato alle figure femminili e l’intensa interpretazione di Lee Pace nei panni di John DeLorean fanno di questa spy-comedy di Nick Hamm un’opera al contempo godibile e sfaccettata.

Driven - recensione film Nick Hamm

Anche se a tratti potrebbe sembrarlo, Driven, il film di Nick Hamm che ha chiuso la 75esima Mostra del Cinema di Venezia, non è un biopic su John DeLorean, il grande asso dell’industria automobilistica americana, noto a gran parte della popolazione terrestre per aver prodotto un’auto che fu tanto un successo al botteghino quanto un fallimento sul mercato: la DMC-12 resa immortale da Ritorno al futuro. Almeno non in senso canonico, compiuto.

Driven si apre senza John DeLorean, con l’agente speciale dell’FBI Benedict J. Tisa (Corey Stoll) che dà istruzioni all’informatore Jim Hoffman (Jason Sudeikis) mentre entrambi fanno il loro fichissimo ingresso (cinematograficamente parlando, s’intende, tra musica glam e una raffica di inquadrature ad effetto, neanche fossimo con De Niro in Mean Streets) nell’aula di tribunale dove si celebrerà un processo che solo chi conosce le vicende giudiziarie di DeLorean può capire essere a suo carico. Grazie ad una serie di lunghi flashback, intervallati da qualche momento dell’udienza, scopriamo la storia principale, quella di un pilota di aerei – Hoffman, appunto – costretto a diventare un informatore dopo essere stato trovato dall’agenzia federale con un carico di cocaina sufficiente a spedirlo in carcere per qualche decennio.

Il piano dell’FBI è di incastrare Morgan Hetrick (Michael Cudlitz, il rosso sergente di The Walking Dead), il trafficante per cui Hoffman stava trasportando la droga dalla Bolivia negli Stati Uniti. Per farlo il governo è disposto a pagargli le spese d’affitto di una residenza di lusso a San Diego, dove per puro caso trova come vicino di casa proprio John DeLorean (interpretato da un più che convincente Lee Pace), deciso ad avviare la sua linea produttiva automobilistica dopo aver lasciato la General Motors. L’idea è quella di produrre una macchina dal design futuristico nato dalla matita di Giugiaro, la DMC-12, con porte ad ali di gabbiano e carrozzeria in acciaio inossidabile non verniciato, rivelatasi poi l’unico modello ad essere prodotto, tra il 1981 e il 1983, dalla DeLorean Motor Company. Il progetto, infatti, fu funestato da problemi ingegneristici, produttivi e finanziari e la fabbrica, stabilita in Irlando del Nord, chiuse i battenti pochi anni dopo l’avvio della produzione, quando DeLorean si fece immischiare in un caso di traffico di droga per tentare di colmare i vuoti di liquidità della sua azienda.

È questo il caso che Nick Hamm ricostruisce più o meno liberamente e mette al centro di Driven, affidando il punto di vista della narrazione a Jim Hoffman, l’importatore di droga e informatore che il governo utilizzò nei primi anni Ottanta per incastrare il costruttore di automobili. Una scelta cruciale per stabilire il tono dell’intera operazione filmica, che assume i tratti di una spy-comedy invece di quelli della tragica biografia di un uomo di successo macchiato per sempre dal fallimento del suo sogno imprenditoriale e dall’ombra di pesantissime accuse, che gli rovineranno la vita nonostante l’assoluzione nel 1984. Eppure nonostante la figura di DeLorean sia decentrata rispetto all’asse principale del film, tutto imperniato su Hoffman-Sudeikis, l’interpretazione di Lee Pace, con quel volto, quella voce, che riescono ad esprimere assieme la verve fascinosa dell’uomo d’affari e la malinconica disperazione di chi sa di essere a due passi dalla débâcle, porta con sé una buona dose del carico di tragedia che il personaggio originale dovette affrontare. Restituendo consistenza e spessore a quella che altrimenti sarebbe stata nient’altro che una farsa divertente, una simpatica commedia ambientata nella California della disco music pre-reaganiana, con una colonna sonora godibile, costumi ricercatissimi, un look alla American Hustle e una fotografia vivace che esalta piacevolmente i colori.

Lo script di Colin Bateman (che per Hamm aveva già scritto The Journey) lascia inoltre spazio alle donne, mogli o fidanzate dei personaggi principali, in particolar modo alla consorte di Jim, Ellen, stremata dai continui espedienti del marito ma disposta a restare con lui nella sua accidentata sorte. Questo controcampo femminile non contribuisce soltanto a restituire un racconto più realistico e inclusivo delle figure che, a tutti gli effetti, erano le più vicine ai protagonisti maschili, moltiplicando così le opzioni narrative; nel caso di Ellen, forniscono un ideale controcanto alle idiozie criminali dei propri compagni, esprimono cioè, anche solo parzialmente, il punto di vista della vittima di quelle scempiaggini. Ampliando, come nel caso di DeLorean, il registro emotivo del film e bilanciando ulteriormente il rischio di appiattimento sui toni della commedia.

Autore: Domenico Saracino
Pubblicato il 17/09/2018
Gran Bretagna 2018
Regia: Nick Hamm
Durata: 98 minuti

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