Mine
Due registi italiani dirigono un war-movie filoamericano pieno di sentimenti e buoni consigli

Da un anno e mezzo, gli appassionati di cinema italiano di genere hanno avuto modo di esultare alquanto all’arrivo in sala di titoli quali Suburra, Lo chiamavano Jeeg Robot, Veloce come il vento. La novità non risiede nel tornare a realizzare anche in Italia film al di fuori della commedia e del dramma, perché l’underground non è mai morto, ma che lo si faccia con capitali dignitosi. I risultati sono stati encomiabili e c’era dunque grande attesa per l’esordio nel lungo di Fabio & Fabio, al secolo Fabio Guaglione e Fabio Resinaro. Arrivato al cinema il 6 ottobre 2016, Mine si è da subito presentato come un prodotto dal respiro internazionale e, dunque, filoamericano. Buona parte del budget, oltre che dalla Spagna e dal nostro paese, veniva proprio dagli Stati Uniti. Perciò era inevitabile che il cast fosse anglofono e i personaggi statunitensi.
Mike e Tommy sono difatti due marines in missione nel deserto della Barberia. Il primo come cecchino, il secondo come suo osservatore. Mike è un soldato tutto d’un pezzo, quello che si definirebbe un vero duro. Tommy ha invece un’indole più allegra e una parlantina esagerata. Insieme formano il genere di coppia che in casa Bonelli è stato consolidato da Zagor e Cico fino a Dylan e Groucho. Se i primi cinque minuti di Mine potrebbero far pensare a un film della Bigelow con patrioti che amano la guerra, basta un attimo perché il nuovo American sniper si faccia assalire da dubbi morali. L’integerrimo Mike non può infatti portare a compimento la missione perché il terrorista da eliminare è ospite di una cerimonia nuziale. Colpire il bersaglio equivarrebbe a una mancanza di rispetto verso il sacro vincolo del matrimonio. Nella scala di valori del soldato, e degli autori, il diritto alla vita è un problema secondario all’ufficializzazione di un rapporto di coppia. Una volta stabilito che non se ne fa più niente, soprassedendo a ogni giuramento di fedeltà all’arma, i marines si fanno beccare con le mani nel sacco dai miliziani e sono costretti a darsela a gambe levate per sfuggire al fuoco nemico. A passeggio sotto il sole cocente, Tommy non risparmia energie continuando a sproloquiare di ciò che conta nella vita, il già consolidato matrimonio. Così, nella filosofia del soldato, se un anello non dovesse bastare per essere felici bisogna necessariamente mettere al mondo un bambino. Il rimedio è garantito. A fermare il ciarlare di Tommy non è il consumo superfluo di liquidi ma una delle attese mine del titolo. A quel punto anche Mike si convince di avere commesso un passo falso e resta immobile per giorni, 78 minuti per lo spettatore, nel timore di fare esplodere l’ordigno. Nonostante l’impasse, il marine non avrà modo di annoiarsi scoprendo che il deserto non è un posto così privo di vita come si crede.
Il pubblico che ha prestato attenzione nel primo quarto d’ora non avrà difficoltà a immaginare la degna conclusione delle perplessità del protagonista. Il lieto fine all’italiana è dietro l’angolo. Non è un caso se i due Fabio sono stati gli sceneggiatori di True Love, un Saw per novelli sposi. Pertanto, nonostante si presenti come un’opera di guerra, Mine ruota esclusivamente intorno all’amore. Il deserto è palese metafora di uno spazio interiore dove i conflitti vengono alla luce. Il messaggio alla base del film è lampante, anche perché ripetuto allo sfinimento: la vita è piena di mine ma bisogna sempre andare avanti. Questo enunciato non può essere ovviamente preso alla lettera perché un ordigno non è una tagliola, difficilmente lascia ferite e più probabilmente conduce alla morte, definitiva e immutabile. Quindi, davanti alla storia di un uomo con un piede su un esplosivo, il consiglio di procedere con un ulteriore passo, non risulta saggio ma piuttosto sciocco. L’errore dei registi sceneggiatori è stato quello di trasformare il pur semplice messaggio implicito in quello esplicito, ovvero la trama, e di rimarcarlo ulteriormente ottenendo un risultato non dissimile da un immaginario finale di Il buono, il brutto, il cattivo in cui Clint Eastwood si allontana esclamando: chi trova un amico trova un tesoro.