To Catch a Killer

di Damián Szifron

Il Damián Szifron di 'Storie pazzesche' sorprende con un thriller classico ed essenziale che tocca più di un nervo scoperto della società statunitense contemporanea.

To catch a killer - recensione film szifron

Mentre una Baltimora fredda e innevata si appresta a illuminarsi a giorno per i festeggiamenti del nuovo anno, un uomo vorrebbe riprecipitarla nel buio, lontano dai fuochi d'artificio e da qualsiasi illusione di progresso, sicurezza o benessere. Comincia così To Catch a Killer, con un mass shooter invisibile e le sue vittime sacrificali. Una strage senza precedenti che è solo il preludio di una guerra senza quartiere in cui in ballo c'è l'anima stessa di un'intera Nazione.
Non poteva che venire da uno sguardo esterno uno dei thriller USA più rigorosi e serrati degli ultimi tempi. Perché il regista argentino Damián Szifron sa guardare con il giusto distacco il centro di un mondo – la società statunitense contemporanea – fatto di ipocrisia e alienazione, egoismo e mancanza di empatia, pur restando pienamente all'interno dei confini del genere, dentro un serial killer movie decisamente convenzionale ma mai davvero derivativo.

A quasi un decennio da Storie pazzesche, sono ancora una volta egoismi e bestialità varie quelle che Szifron racconta, questa volta però immergendosi nei modi e nei tempi di un thriller raggelato, dove il grottesco è invisibile agli occhi ma comunque presente sottotraccia, a minare la stabilità di un sistema compromesso, paradossale e senza più coesione. Seguendo le indagini dell'FBI dal punto di vista di Eleanor Falco (Shailene Woodley, anche produttrice), agente di polizia con un passato fatto di dipendenze e depressione, scelta, forse anche per questo, dall'investigatore capo Lammark (Ben Mendelsohn) come collaboratrice del Bureau, il film adotta così lo sguardo difforme di un personaggio in bilico tra due mondi per seguire le tracce di un assassino apparentemente imperscrutabile e imprendibile ma destinato a rivelarsi tragicamente umano. Per farlo va a toccare più di un nervo scoperto della società statunitense, dalla questione delle armi da fuoco alle sparatorie, dai gruppi suprematisti a un arrivismo endemico che ammanta e condiziona ogni classe sociale. Fino a rendere evidente che il killer, più che un errore del sistema ne è una diretta conseguenza, la degenerazione di un'alienazione e di un rifiuto per le storture del mondo moderno divenuta oramai fuori controllo.

Niente di originale certo, eppure il regista, al di là di quei film cui è indubbiamente debitore (da Il silenzio degli innocenti a Se7en, ma la lista potrebbe essere molto più lunga), sa aderire al genere senza perdersi in citazioni o calchi gratuiti, riuscendo a tirar fuori uno sguardo interessante e per certi versi atipico. Lontano dalla consueta spettacolarizzazione dei prodotti più mainstream, Szifron costruisce infatti un thriller quasi privo di scene madri ma capace comunque di coinvolgere e turbare (la sparatoria nel centro commerciale, quasi tutta ricostruita attraverso i video di sorveglianza), affidandosi interamente alle atmosfere, agli interpreti e a una visione di fondo ben precisa.

È lo sguardo in tutte le sue forme, del resto, il nodo cruciale al centro del film. Uno sguardo scisso tra videocamere di sicurezza, servizi giornalistici, found footage da una parte e soggettive della protagonista (o dell'assassino e il suo mirino) dall'altra, tra il punto di vista “oggettivo” di una società che tutto vede e controlla (“questo pianeta è una fottuta prigione”) e quello, divergente, disturbato o non conforme, di chi – sia esso un uomo mentalmente instabile abbandonato a se stesso o una donna che, nonostante tutto, cerca di trovare un posto nel mondo – in quel sistema non può e non potrà mai riconoscersi.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 29/06/2023
USA 2023
Durata: 119 minuti

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