Dead Mail

di Joe DeBoer Kyle McConaghy

Joe DeBoer e Kyle McConaghy vanno oltre le forme abituali del genere raccontando una storia di ossessione insolita e spiazzante.

Dead mail - recensione film deboer mcconaghy

Un foglio strappato e macchiato di sangue con una richiesta d'aiuto arriva all'ufficio postale di Peoria, Illinois. Uno scherzo? Non ne è convinto Jasper (Tomas Boykin), l'uomo incaricato di trovare i destinatari originali di tutte quelle missive “morte” che, per un motivo o per un altro, arrivano al suo ufficio. Quando però la sua strada incrocia quella del misterioso Trent (John Fleck) le cose precipitano.
Già dalle sue premesse pare esserci qualcosa di sottilmente ossessivo in Dead Mail, horror low-budget firmato da Joe DeBoer e Kyle McConaghy (alla loro seconda regia insieme dopo BAB). Qualcosa che va oltre il suo soggetto per certi versi convenzionale e che pare ammantare tutto il film, dalla cura maniacale per i dettagli e per la descrizione di contesti marginali a una narrazione fatta di personaggi – chi più, chi meno – ossessionati da qualcosa o qualcuno.

Del resto, è proprio una storia di ossessione quella al centro di questa produzione originale Shudder. Una storia che, sin dai primi minuti, ci catapulta in un mondo grigio e sgranato fatto di uffici postali di provincia, scantinati, fanatici di sintetizzatori (!) e potenziali serial killer. È qui che l'attitudine quasi documentaristica di una regia attenta come non mai al particolare apparentemente irrilevante e al dettaglio insolito si rispecchia nell'attenzione e nella cura che i personaggi hanno per il proprio lavoro, sia esso quello di impiegati in un comunissimo ufficio postale o di ingegneri del suono con grandi sogni e pochi mezzi. Ambientando la loro storia negli anni Ottanta ma rifuggendo qualsiasi rimando a quell'estetica imperante fatta di luci al neon e riferimenti pop, i registi allontanano così da sé qualsiasi possibile accusa di effetto nostalgia, dando vita a un film dalla componente vintage estremamente evocativa (i produttori sono gli stessi di Late Night with the Devil) ma capace di far deflagrare le sue ossessioni in modo inedito e inaspettato.

Diviso in tre parti, con al centro un lungo flashback che è anche un sorprendente cambio di prospettiva (con un occhio a Psycho e l'altro a Misery non deve morire), Dead Mail, oltre a regalarci un antagonista ben caratterizzato e misterioso quanto basta (Schizofrenico? Razzista? Omosessuale latente?) per lasciare il segno, si dimostra un horror decisamente anomalo, capace di andare oltre le forme abituali del genere giocando con le aspettative dello spettatore per poi spiazzarlo in modi inediti e sorprendenti, tra anticlimax, digressioni imprevedibili, tempi morti e risoluzioni inaspettate. Un film piccolo, per certi versi disorientante nel modo in cui apre parentesi e si perde in dettagli apparentemente superflui, sempre a un passo dal grottesco ma capace, con pochi tratti essenziali e rimandi estetici mai scontati, di restituire lo spirito del tempo, i modi e le forme di un mondo analogico ormai agli sgoccioli (il deus ex machina digitale), scisso tra senso del dovere, passione e follia.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 30/05/2025

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