'71

di Yann Demange

L'opera prima di Yann Demange ci racconta i Troubles trasferendoci nell'inferno notturno di Belfast in una guerra dei vinti tra scontri generazionali.

71 - recensione film yann demange

Anno 1971, luogo Irlanda del Nord, città Belfast. Un paese diviso dall’odio reciproco tra fazioni inglesi protestanti (la maggioranza) ed irlandesi cattolici (la minoranza), una città divisa da muri e checkpoint, da fuochi, relitti e corpi abbandonati sui bordi delle strade. La guerra civile è ancora giovane nonostante l’odio si sia stratificato nelle anime da molto tempo, lo scontro "a bassa intensità" è iniziato da pochi anni, il sangue continuerà a scorrere sul suolo irlandese per altre tre decadi in quelli che verranno definiti come The Troubles. Siamo nell’anno precedente alla famosa (e deprecabile) "domenica di sangue" – raccontata cinematograficamente tanto bene da Paul Greengrass in Bloody Sunday del 2002. Gary Hook (Jack O’Connell) è un recluta che viene inviata insieme al suo battaglione per le strade delle case popolari di Belfast. La popolazione civile di fede cattolica già sfiancata dall’eterno coprifuoco di ben trentaquattro ore indetto dal’esercito britannico un anno prima in una delle roccaforti dell’IRA (Lower Falls), nonché avvilita dall’internamento senza processo (Operation Demetrius) dell’agosto dello stesso anno, si rivolta in forze alle perquisizioni domestiche tese alla ricerca di armi. Il battaglione a fronte di una violenta sassaiola è costretta a ritirarsi, due militari, tra cui Hook, restano nella zona calda. Uno dei due muore, l’altro è costretto ad una lunga fuga in una città distrutta dall’apocalisse civile, attraverso un caccia all’uomo dove il nemico spesso è dalla stessa nostra parte.

’71, opera prima di Yann Demange, presentata ed in competizione alla 64° Berlinale nonché passata anche in Italia sugli schermi della rassegna torinese, dimostra le qualità registiche (miglior regista nel 2014 agli British Indipendent Film Awards) già evidenti nelle due serie tv britanniche di grande successo come Top Boy (2011), ma soprattutto, Dead Set (2008) – una delle migliori serie zombie di sempre. Con attenzione storiografica (nel film viene riportata l’esplosione del pub McGurk a New Lodge che uccise 15 persone avvenuta il 4 Dicembre del 1971) ed una sottile vena cospirazionista (la stessa bomba viene attribuita all’UVF, lasciando non molto in sottotraccia il coinvolgimento stesso dei servizi segreti britannici), il regista crea un action movie adrenalinico in un contesto urbano iscrivendolo in una cornice storica ben definita. La Belfast presentata è una città distrutta dalla devastazione della guerra, una città immersa in una notte perenne e popolata da giovani bande rivali che, attraverso l’odio dei padri uccisi e quindi assenti, si fronteggia a colpi di sputi, insulti e molotov. La violenza che viene raccontata ha una radice profonda che si struttura soprattutto nell’animo delle nuove generazioni, le stesse che continueranno ed estremizzeranno l’odio per i successivi tre decenni. La pioggia che bagnerà costantemente la città, spegnendo i focolai di continue rivolte, scorrerà come lacrime di dolore su gli occhi di bambini, ragazzi e giovani uomini; tra le iridi della giovinezza sono le generazioni intermedie – le stesse che hanno sofferto delle perdite parentali, dei soprusi della guerra civile – ad essere fonte di violenta ribellione. L’Official IRA, organizzazione dei padri e adulti, è fronteggiata dall’istituzione di una nuova, giovane e più violenta frangia estremista che diventerà nota come Provisional IRA.

Il regista prende uno spaccato storico e crea un ponte sull’odio tra il vecchio ed il nuovo, tra la bestialità animalesca e folle di una generazione nuova e l’inadeguatezza infame ma coscienziosa della vecchia, dicotomia primordiale che sembra uscire dalle pagine de Il Signore delle Mosche di Golding. Le appartenenze dei personaggi sono sempre in bilico tra l’ombra e la luce, tra la verità e la menzogna, in un gioco di scambi d’abito e d’istanze narrative necessarie al proseguimento del conflitto (e della trama) da parte dei poteri forti e/o destabilizzatrici (occidentali – inglesi - da una parte ed anti-occidentali – libici – dall’altra). Le dinamiche drammaturgiche si costruiscono su soggetti propri di determinati schieramenti, tra di loro ben poco definiti, allo stesso livello morale della popolazione civile Demange inscrive le giovani reclute dell’esercito britannico – descrivendole come carne da macello per svolgimenti superiori al loro basso rango - in una guerra gestita da sovrastrutture e personaggi dall’animo ambiguo che si muovono dentro grigi territori decisionali ad un livello nazionale ed internazionale. Gli anni dei Troubles che il regista ci presenta non sono descritti attraverso la chiave introspettiva usata (magnificamente) da Jim Sheridan in Nel nome del padre, nel quale racconta la storia dei Guildford Four, ma usando la chiave action prende nella morsa lo spettatore serrando il ritmo del racconto – degna di nota è la sequenza della fuga ripresa tutta in macchina a mano tra i vicoli di un’umida e diurna Belfast distrutta a ferro e fuoco dalla rivolta. Il regista pone lo spettatore alla stessa altezza conoscitiva del protagonista trasformandolo prima in giovane recluta, immergendolo poi nel vero inferno delle strade, lasciandolo infine ferito e disperso alla deriva della notte. La guerra che a Belfast si combatte lascia a fine film il gusto amaro della sconfitta, non ha alcun vincitore, sono tutte vittime sacrificali - ognuna con la propria ragione per esserlo - in nome di una logica strategica nazionale superiore alle singole pedine in gioco. Yann Demange ci consente di schierarci ma non ci consente di vincere presentandoci un conflitto dove tutti sono vinti. Noi per primi, costringendoci a mandar giù il vero sapore della guerra tra quartieri, assaporando il fiele della sconfitta aprioristica, lo stesso che le classi più basse durante un conflitto (che sia interno o esterno al proprio Paese) son costrette ad ingoiare.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 05/07/2015
Gran Bretagna 2014
Regia: Yann Demange
Durata: 99 minuti

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