X-Men: Giorni di un futuro passato

Osservare ed analizzare le pratiche di rebooting – sempre più centrali in ambito di blockbuster nordamericano – è senz’altro il punto di partenza ideale per capire come il cinema commerciale più intelligente si stia muovendo per assimilare alcuni modi della serialità televisiva contemporanea. La strategia sempre più adottata sembra infatti essere quella di una particolare fidelizzazione del pubblico, una strategia ormai ben consolidata in quasi tutti gli show televisivi di maggior successo, che punta alla conquista di un’audience trasversale (dai neofiti ai fan della prima ora) attraverso la tessitura di un universo narrativo cross-mediale ed espanso.

Tutto ciò esiste da sempre nei comics statunitensi targati DC e Marvel, le cui storie cartacee hanno iniziato fin da subito ad essere coadiuvate da uno sterminato merchandising (abbigliamento, action-figures, videogiochi, album di figurine, etc) e poi da film e serie in animazione. Nei comics di supereroi il concetto di paradosso temporale è sempre stato fondamentale per ampliare, rivedere, fondere e correggere, potenzialmente all’infinito, ogni universo narrativo e di conseguenza ogni relativa estensione filmica, videoludica, etc. Giocare con i “what if” ha permesso e permette tutt’ora a DC e Marvel di inventare migliaia di ipotetiche avventure con gli stessi personaggi, rendendo ufficiale o non ufficiale questa o quella linea narrativa/temporale a seconda del caso e a seconda del volere degli autori che si sono susseguiti alla scrittura delle diverse testate. Spesso, come nella trilogia di Ritorno al futuro o in Terminator, viaggiare nel tempo e cambiare qualcosa nel passato o nel futuro produce profonde ripercussioni nel presente (o nella linea temporale che viene definita di volta in volta “presente”). Tuttavia, benché possa sembrare un ossimoro, il ricorso al paradosso temporale è spesso un pretesto per fare ordine.

X-Men: Giorni di un futuro passato è una sintesi della maggior parte dei processi di cui abbiamo parlato sin’ora: è innanzitutto contemporaneamente un sequel di due saghe (quella “originale” degli X-Men adulti varata da Bryan Singer nel 2000 e quella “vintage” inaugurata per l’appunto da X-Men: L’inizio firmato da Matthew Vaughn), è sia il punto di fusione di due timelines che di due sguardi autoriali (Singer firma questo capitolo ma Vaughn ha lavorato attivamente a soggetto e sceneggiatura) ed è il film che corregge in maniera radicale i troppi errori commessi in X-Men: Conflitto finale, film detestato dalla maggior parte dei fan dei mutanti. Al termine di X-Men: Giorni di un futuro passato, Conflitto finale viene infatti trasformato in una linea temporale mai esistita se non nella memoria di alcuni personaggi. Il terzo film dedicato agli X-Men diventa pertanto, di fatto, “un-official”, qualcosa da non tenere più in considerazione per gli sviluppi della saga.

Pur non essendo privo di numerose incongruenze e contraddizioni X-Men: giorni di un futuro passato risulta essere, anche per questa sua opera di “correzione”, uno dei migliori (se non il migliore) lungometraggio dedicato ai mutanti creati da Stan Lee e Jack Kirby. Come accennato in precedenza, il maggiore punto di forza del film sta nella coesistenza tra lo stile crepuscolare e decadente che caratterizzava i primi due film sugli X-Men firmati da Singer e quello più glamour e leggero proposto da Vaughn; coesistenza che si traduce in un film estremamente bilanciato ma che non rinuncia mai al gusto dell’eccesso, che riesce a governare numerosi registri diversi (la commedia, l’action, il dramma e la fantascienza) rimanendo comunque estremamente solido e coerente. Anche se la scrittura è di alto livello, lo spettacolo visivo e l’azione sono fortunatamente i veicoli principali della narrazione, trasformando una trama potenzialmente farraginosa e complessa in uno percorso emotivo in cui il ritmo e le sensazioni (ottimo e ben dosato anche il 3D) sono ben più importanti e funzionali di una sceneggiatura perfetta. Hugh Jackman/Wolverine è qui più un personaggio-funzione, un trait d’union dell’intera saga cinematografica dedicata ai mutanti, e lascia spazio alla coralità dell’intero cast in cui però spiccano nettamente il Magneto di Michael Fassbender e la Mystica di Jennifer Lawrence, due antieroi che – in quanto tali – sono i vettori ideali di una complessità umana e politica che soggiace a tutta la mitologia degli X-Men.

In attesa del terzo “nuovo” capitolo della saga – preannunciato da un apocalittico post finale dopo i titoli di coda – ci sentiamo sufficientemente coraggiosi da affermare che la strada migliore per un approccio contemporaneo al super eroe cinematografico forse si trova proprio da queste parti, a metà strada tra le buffonate dei Marvel Studios e l’eccessiva seriosità del Batman nolaniano.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 18/08/2014

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