Speciale Oriente #6 / Your Name

Nell'accostamento/contrasto tra due poli opposti, tra modernità e tradizione, un film che riflette sulla natura dei luoghi e delle storie in essi inscritti.

Nonostante l’animazione giapponese venga spesso accostata, dal pubblico occidentale, esclusivamente allo studio Ghibli e principalmente alle opere di Hayao Miyazaki e Isao Takahata, negli ultimi anni diversi registi hanno raccolto il retaggio dei propri padri (spirituali) ri-articolando, rinnovando, e contaminando il genere. Your Name (Kimi no na wa, 2016) di Shinkai Makoto è stato un vero e proprio “caso” della stagione cinematografica appena trascorsa, dal momento che è stato l’anime con il maggiore numero di incassi nella storia (oltre 290 milioni), davanti anche a La città incantata (2001). Un successo planetario totalmente inaspettato, perfino dallo stesso regista, colpito dal livello di fandom, tanto che, oltre alla produzione dei consueti accessori, gadget, e action figure, sono stati organizzati dei veri e propri tour guidati nella città che ha ispirato l’ambientazione dell’anime, così come prodotto un sakè che si riferisce a quello del film. Il clamore suscitato in realtà non sembra così imprevisto dal momento che Your Name riesce sapientemente a bilanciare e calibrare la tradizione e l’eredità dell’animazione giapponese, negli aspetti tematici più che formali, riconoscibili da parte di un pubblico occidentale, con alcuni riferimenti della cultura nipponica, come i brani J-pop che accompagnano il film, raccolti successivamente in un disco venduto in migliaia di copie.

Il nodo centrale del film stesso è la tensione generata dall’accostamento, e il contrasto, tra poli opposti. La storia narrata si riallaccia, in origine, ad un racconto della tradizione giapponese Torikaebaya Monogatari (storia dei ruoli scambiati), da cui sono stati tratti anche due serie di manga, escludendo, tuttavia, la riflessione sulle dinamiche di gender per concentrarsi invece sull’amore impossibile che nasce tra due ragazzi che vivono, nei propri sogni, la vita dell’altro nel corpo dell’altro. Se da una parte il film, nella prima parte specialmente, si serve degli stratagemmi e delle tipiche situazioni della commedia degli equivoci, dall’altra rifiuta una narrazione lineare e attraverso un montaggio ellittico e alternato mostra la difficoltà dei personaggi nel (ri)scoprire il proprio corpo, catapultando lo spettatore continuamente in differenti dimensioni spazio-temporali, reali/oniriche. Ad emergere in maniera evidente è inoltre il contrasto tra tradizione e modernità, esplicito fin dalla contrapposizione degli scenari fisici in cui si svolge l’azione. Taki è uno studente delle superiori nella grande metropoli di Tokyo, con i suoi ritmi, rumori, frenesie, treni, insegne al neon e smartphone, mentre Mitsuha, sua coetanea, vive ad Itomori, piccolo centro rurale sulle sponde di un lago e, con evidente insofferenza, coltiva i riti e le liturgie millenarie di famiglia, dalla produzione del sakè all’arte di intrecciare dei fili, gesto collegato indissolubilmente al destino dei protagonisti.

Il percorso fisico e spirituale di ri-costruzione dei caratteri identitari non passa esclusivamente dai riti di passaggio del coming of age, ma i personaggi “sempre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno”, alla ri-scoperta di sé stessi, alla ricerca del proprio nome, alla ricerca del proprio corpo (in quello dell’altro) cercano di trovare la matassa dei fili che li accomuna in luoghi della memoria. I luoghi di Your Name non sono solamente luoghi fisici, ma sono carichi di una significazione simbolica, portatori di valori culturali e memoriali. Se Tokyo è il luogo sognato (è Mitsuha a volersi re-incarnare in un ragazzo della metropoli) e irraggiungibile, Itomoro è famigliare, Taki riesce a disegnarlo a rappresentarlo, ma ancora irriconoscibile. Così come Yukari che ne Il Giardino delle Parole (2013) apostrofava “Quando c’è il sole non lo riconosco”, riferendosi al Pavillion sotto il cui tetto si incontrava, nei giorni di pioggia, con il giovane Takao. Taki non riesce ad associare Itomoro ad un trauma storico (terremoto del Tohoku e disastro di Fukushima). Più che la storia d’amore, allora, sarà la storia di Mitsuha ad essere inscritta in quel luogo, memory trigger per il superamento dell’esperienza traumatica, che da personale, in un tempo passato, diventerà condivisa nel tempo presente. Due destini, due figure, due storie destinate ad incrociarsi, ad intrecciarsi, per completarsi e per sopravvivere. ”Se dovesse piovere, resterai con me? Anche se non dovesse piovere, resterò sempre insieme a te”.

Autore: Samuel Antichi
Pubblicato il 02/02/2018

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