Rick & Morty

Alla sua terza stagione, lo show di Adult Swim continua a dare nuova vitalità alla satira animata così come al racconto fantascientifico, confermandosi un prodotto televisivo d’eccellenza.

Rick & Morty, creata da Justin Roiland e Dan Harmon per Adult Swim è, forse, la serie che meglio ci mostra come la satira d’animazione si sia, ad oggi, ben allontanata dall’ombra di colossi come I Simpson, I Griffin o South Park, per vivere, anzi, una felicissima fase di reinvenzione e vitalità. Nel corso delle sue tre stagioni lo show nato come una parodia animata di Ritorno al futuro, che segue le avventure del super scienziato Rick e del nipote Morty nella pluralità dei multiversi, ha saputo dar prova di uno stile personalissimo fatto di toni fortemente meta-discorsivi, parodistici e citazionismi, e dell’ironia tipica della “cinical sincerity”.

Tuttavia come accade con BoJack Horseman o con il recentissimo Big Mouth, cui forse Rick & Morty si associa più volentieri, lo show non si ferma all’intenzione satirica (che diventa quasi più una, pur essenziale, cifra stilistica) ma si apre ad una serie di discorsi estremamente mirati e ben strutturati sui suoi personaggi e sul genere televisivo stesso. Senza rinunciare all’eleganza della compattezza e della relativa autonomia di ogni singolo episodio, la scrittura non indietreggia di fronte alla possibilità di investire sempre più consistentemente sulla trama orizzontale, prerogativa, generalmente, più del prodotto drama che della sitcom. Da questo cambio di direzione risulta, sostanzialmente, che le azioni compiute nel corso delle varie puntate hanno conseguenze concrete e durature che i due protagonisti sono, volenti o nolenti, costretti ad assumersi. Far sì che questi ricordino ciò che è successo è anche e soprattutto il presupposto per un lavoro sull’evoluzione e la crescita dei personaggi. La scena in cui Morty, nell’episodio della prima stagione Rick Potion #9, seppellisce il se stesso di un’altra dimensione può essere letta, in questo senso, come la messa in scena della morte del personaggio inteso secondo il regime di finzione della classica sitcom, in cui tutto ricomincia daccapo episodio dopo episodio e ci si scrolla di dosso tutto o quasi quel che potrebbe essere accaduto in precedenza; qui al contrario si dichiara che lo storytelling non procederà con la leggerezza tipica della “vecchia” comicità, o almeno non con la stessa spensieratezza, ma che il personaggio porterà sempre su di sé tutto il peso delle scelte narrative fatte dagli autori.

Le figure animate all’interno di Rick & Morty esistono, in questo senso, in una modalità del tutto inedita: anche il divertimento e la distrazione che Rick, Morty o il personaggio di turno rincorrono in ogni loro adventure (quasi come la lucida indifferenza dell’héros absurde di Camus) non sono mai aspetti scontati quanto piuttosto un punto di arrivo, frutto di un infaticabile sforzo di razionalizzazione e distacco dal reale (o di un’autonarrazione qualora questo distacco non sia possibile, come accade al Simple Rick della Citadel in Ricklantis Mixup). Questo tentativo è quasi sempre “mal accompagnato” da un sottotesto formativo o catartico, o in alternativa da un lucido e crudo riconoscimento del pericolo e dell’assurdità delle situazioni in cui i personaggi vengono a trovarsi. Questa dinamica contribuisce a creare personaggi tanto “fortunati”, circondati dal meraviglioso universo fantascientifico modellato per loro dallo show, quanto profondamente miserevoli sul piano esistenziale e per questo, in ultima analisi, estremamente sinceri e umani. La cinical sincerity si sposa, allora, perfettamente con il racconto fantascientifico e con la posizione da “super genio” assunta da Rick, rigorosamente al di fuori della caverna platonica nel suo status di superiorità ma anche vittima di estrema solitudine e incomprensione.

Uno dei caratteri più sorprendenti dello show rimane la naturalezza e la complessità con cui il discorso fantascientifico si fonde a quello più propriamente narrativo. Il multiverso è qui anche e soprattutto una meravigliosa metafora delle infinite possibilità di scrittura e approfondimento di un personaggio di finzione. Pensiamo, fra tanti, a due episodi quali Morty\'s Mind Blowers o il già citato Ricklantis Mixup, dove le possibilità narrative offerte dalla fantascienza (rimozione della memoria, coesistenza di diverse versioni dello stesso personaggio) diventano, nelle mani degli autori, delicati e precisi strumenti di introspezione e descrizione delle diverse sfaccettature dei loro protagonisti, pur senza rinunciare ad un’irresistibile comicità farcita di riferimenti interni a quella che è diventata, nel corso delle stagioni, una vera e propria cosmologia. A differenza di un Bing Bang Theory, ad esempio, dove la scienza fa semplicemente da sfondo alla narrazione, la creatura di Adult Swim è science-fiction nel senso più genuino del termine nel suo fare dell’esplorazione delle infinità del multiverso, sempre e comunque, una riscoperta dell’umano.

Autore: Irene De Togni
Pubblicato il 15/10/2017

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