Passeri
Il periodo di transizione nell'anima fragile dell'Islanda di Rùnarssor

Dalla lontana e piccola Islanda Sparrows di Rùnar Rùnarssor ha girato i festival di mezzo mondo, prima di approdare nelle sale italiane. Vedere l’Islanda di Rùnarssor è come osservare l’altra faccia della Luna, la sua metà oscura, nascosta ed imperscrutabile. Sparrows che uscirà con il titolo Passeri, è un racconto di formazione fra le lande desolate del profondo Nord di un’Islanda oscura e mai raccontata. Ari, un ragazzo sensibile e amante del canto, si ritrova a dover vivere nel villaggio di suo padre a causa di un’improvvisa partenza della madre e del suo compagno per l’Africa. Costretto ad abbandonare la città di Reykjavick, e a tornare nella piccola comunità dove aveva vissuto da bambino, il film accompagna il ragazzo nei difficili giorni di un’estate che è un perpetuo giorno. Ed sotto la luce del sole che vediamo il dolore di Ari emergere, prendere forma, esplodere e poi trasformarsi. Senza nascondere nulla, Rùnarssor ci mostra tutte le fasi della lotta interiore di Ari, che da ragazzino si trasforma in un uomo, affrontando dolori, lutti, tradimenti, vergogne. Il villaggio è un insieme sparso di case nella remota isola, i panorami desolati ed imponenti trasfigurano la solitudine dei personaggi nelle valli, le scogliere, i vulcani, i prati immensi. C’è una perfetta corrispondenza fra l’uomo e la natura, fra il paesaggio interiore e quello esteriore. La gioventù che popola questa piccola comunità conosce presto il sesso e la droga, come svago e salvezza, in contrapposizione al ripetersi inerme del tempo sempre uguale a se stesso. Sembra che per la prima volta sia stata raccontata un’Islanda lontana dai cliché, autentica in ogni singola immagine di perdita di speranza, abbandono e perfino, disperazione, senza retorica alcuna. In questa estate senza notte, la condizione umana è visibile in ogni sua sfumatura, senza lasciare nulla in ombra, come se tutte le azioni dell’uomo, anche le più atroci, siano bisognose di luce per mostrarsi e per, eventualmente, illuminarsi. Il padre di Ari non è ancora riuscito a riprendersi dalla separazione con la madre e per questo ha riversato la sua fragilità nell’alcol; Ari non conosce veramente il padre, non ha mai avuto un rapporto autentico con quest’uomo ed è quindi restio, chiuso, diffidente, colmo di rabbia. Rùnarssor porta così in primo piano il dolore di uomini in una società matriarcale, dove le donne hanno da tempo ottenuto la parità dei sessi. Anche per questo il viaggio di Sparrows è un viaggio in un’Islanda inedita, dove vengono attraversati i cunicoli delle sofferenze umane maschili, con le loro fragilità e corazze. Le donne sono di sfondo, ombre pronte a deflagrare le chiusure dei maschi o detonatrici di bombe secolari, antiche e depositate sotto i grattacieli dell’ inconscio. Dolore di uomini di diverse età, che non riescono a comunicare, come in Manchester by the sea, ma a differenza del film di Lonergan, qui, nella fredda Islanda, il dolore prende forma, esplode e si fa parola gridata, oppure pianto o canto lieve e liberatorio. La comunicazione è condivisione di un respiro, vicinanza fisica, sguardo sfuggente. Ari, come un “passero”, trova sfogo nel canto e la sua voce dolce e delicata contrasta con l’ambiente dove malauguratamente si ritrova. Il suo cantare lo distingue dalla bruttezza della fabbrica, dalla grettezza dei comportamenti, dal vuoto di speranza che lo circonda. Ma, è proprio la speranza quella che emerge improvvisa come la bellezza, una carezza, un sorriso che prende forma nella relazione con Lara, un’amica d’infanzia. C’è speranza anche laddove sembra nulla possa più crescere, anche in mezzo alle atrocità e alla vergogna, c’è spazio per far affiorare un sorriso. Perché in fondo le debolezza del padre si tramandano al figlio, e di padre in figlio la fragilità del genera umano non può che essere visibile alla luce del sole.