Ema

di Pablo Larraín

Ema è un’opera schizofrenica che sogna una libertà che non conosce e che non sa darsi.

Recensione Ema di Pablo Larrain

Era stato annunciato come uno dei titoli più eccentrici del concorso e dobbiamo ammettere che le promesse sono state ampiamente mantenute. Ema di Pablo Larrain è un film inclassificabile che suscita sconcerto nella sua velleitaria opera di decostruzione narrativa. Siamo nella città portuale di Valparaiso, oggi. Una giovane coppia formata da una ballerina ed un coreografo entra in crisi dopo aver rinunciato all’affidamento del figlio adottivo, colpevole di aver sfregiato volontariamente la zia. Ma non è che una flebile traccia di cui il regista si serve per comporre un’opera quanto mai frammentata e sgangherata. Più che lo scandaglio psicologico dei personaggi, Larrain sembra interessato a filmare il ritmo febbrile dei corpi, (in particolare quello della magnetica Mariana di Girolamo), la loro carica erotica e vitale, la scandalosa e irrefrenabile energia della giovinezza, colta in un eterno presente dionisiaco diviso tra danza e sesso. Quasi un film-performance animato dal fuoco della distruzione, letterale e metaforico, che cerca di riscrivere le geografie del desiderio e della famiglia. Peccato solo che il regista non abbia avuto il coraggio di portare fino alle estreme conseguenze questo proposito, liberandosi completamente del tracciato narrativo. Ci prova, soprattutto nella sezione centrale, ma senza una reale convinzione, come se la paura di perdere davvero il controllo fosse stata maggiore rispetto al desiderio di farlo. Ecco allora che nella parte finale tutti gli enigmatici frammenti del puzzle si ricompongono, assumendo un senso. Anche i momenti più apparentemente irrazionali o istintuali, con il duplice effetto di addomesticare un’opera che si voleva selvaggia e fuori controllo, e allo stesso tempo di restringere il perimetro del film dentro un orizzonte abbastanza preciso. Ovvero quello di una specie di Teorema contemporaneo, dove al disfacimento della famiglia borghese si aggiunge la costituzione di un nuovo modello familiare aperto e pansessuale. Ema è in definitiva un’opera schizofrenica che sogna una libertà che non conosce e che non sa darsi. Vorrebbe decostruire, sovvertire, aprire ma non può fare a meno di spiegare, razionalizzare, chiudere. Risultando alla fine fallimentare da qualunque parte lo si guardi: nei suoi passaggi narrativi, che sfociano in più di un’occasione nel ridicolo involontario. Nel suo impeto anarchico, a conti fatti sterile e innocuo. Nella sua messa in scena solo superficialmente "contemporanea", a metà strada tra videoclip e instagram. E soprattutto nel suo tentativo di rompere le rigide costrizioni estetiche, narrative e teoriche del cinema del proprio autore. Larrain ha provato a misurarsi con le contraddizioni ed il caos del presente, smarrendosi. Ed è forse l'unico aspetto davvero interessante dell'operazione. 

Autore: Giulio Casadei
Pubblicato il 31/08/2019
Cile
Durata: 102 minuti

Articoli correlati

Ultimi della categoria