Gretel e Hansel
Il terzo film di Osgood Perkins è un buon folk horror che conferma la possibilità di lavorare con archetipi classici senza dire sempre le stesse cose.
A chi ama l’horror, questo 2020 così funesto ha riservato almeno una piccola consolazione con la qualità delle sue nuove uscite, a riprova della tendenza positiva del genere in questi ultimi anni. Lo conferma Gretel & Hansel di Osgood Perkins, adattamento della fiaba della tradizione popolare tedesca raccolta dai fratelli Grimm nel XIX secolo. Dopo due discrete prove come February - L'innocenza del male (2015) e I Am the Pretty Thing That Lives in the House (2016), Perkins torna per la terza volta a dirigere un film art house horror. Fin qui, questa è la sua prova più riuscita: come dice qualcuno su Letterboxd, se Gretel & Hansel fosse uscito col logo della A24 avrebbe ricevuto elogi entusiastici. Quelli che ha raccolto sono invece più tiepidi, nonostante un buon risultato al botteghino.
Se si osserva il folk horror più recente, specie quello europeo, si noterà uno stesso filo conduttore in titoli come Hagazussa di Lukas Feigelfeld, Gwen di William McGregor, Il signor diavolo di Pupi Avati e in uno degli episodi di The Field Guide to Evil (The Sinful Women of Höllfall di Veronika Franz e Severin Fiala). Come Gretel & Hansel, sono tutte vicende in costume che partono dal folklore contadino, ma lo fanno per raccontare di una superstizione che ricade rovinosamente sui più deboli. Sono storie in cui l’elemento sovrannaturale è ambiguo o assente, mentre il vero focus è sulla cattiveria umana. Sono film validissimi, ma molto simili tra loro; un dato che fa riflettere sul bisogno di affrontare il folklore anche da altri punti di vista.
Perkins traspone la celebre fiaba facendo scelte che rendono il film semplice ma originale. La sua versione di Gretel & Hansel è un tipo di storia raro. Per spiegarvi come mai, sarà necessario percorrere alcuni importanti snodi di trama, quindi considerate questa un’allerta spoiler.
Nella versione dei fratelli Grimm ci sono due motivi portanti: la fame, come innesco degli eventi e motivazione di tutti i personaggi, e un insegnamento sul diventare adulti indipendenti. Perkins li usa calcando la mano su un’ulteriore morale, esplicitamente enunciata dalla voce di Gretel nel film: «Nothing is given without something else being taken away». La fame caratterizza sorella e fratello durante l’intero primo atto per essere poi neutralizzata dalla strega, che offre loro inesauribili riserve di cibo. L’intera vicenda viene sviluppata attorno ai ragionamenti di Gretel sulla pericolosità dell’accettare i doni offerti dal prossimo, contrapposta alla necessità di farlo per non soccombere.
Perkins usa la voce narrante della star nascente Sophia Lillis per riprendere il piano di tradizione orale della fiaba, senza trasformare mai il commento di Gretel in una presenza invadente. La dimensione magica del film è costruita con perizia grazie alla fotografia che rende il paesaggio boschivo qualcosa di più di un semplice fondale e per mezzo dell’immaginario evocato dai simboli esoterici disseminati nelle inquadrature. Apprezzarne o meno l’estetica dipenderà dal gusto individuale, ma difficilmente qualcuno potrà sostenere che al film manchi una progettazione certosina in tutti gli aspetti del racconto per immagini.
L’arco della trama di Gretel & Hansel è semplicissimo: una ragazza entra nel bosco e affronta la propria ombra, uscendone pienamente realizzata. Nella fiaba dei fratelli Grimm, Gretel fa da sguattera alla strega, che tiene Hansel all’ingrasso mentre la sorella lavora; ma quando cerca di ficcare la ragazza nel forno, Gretel si ribella e ci butta la strega, salvando la situazione. Nel film gli avvenimenti seguono uno schema apparentemente simile, eppure diversissimo nelle relazioni tra personaggi e nel significato delle loro azioni. Anzitutto il titolo inverte i nomi dei personaggi perché ne inverte i ruoli. Hansel qui è un bambino, mentre Gretel una ragazza a cui viene affidato il fratellino. Nella fiaba, Gretel inizia il suo percorso fragile e dipendente dal fratello, per emanciparsi alla fine diventando l’eroina che sconfigge il nemico. Nel film, è Hansel a essere dipendente dalla sorella ed è lui a compiere un percorso di crescita diventando capace di badare a se stesso. L’eroe della storia rimane Gretel, ma in una dinamica particolarissima se si analizza il suo rapporto con la strega.
Il ribaltamento del titolo suggerisce una narrazione “gendered” e in un certo senso Gretel & Hansel lo è. La storia che racconta è del tipo più raro, perché il grosso del conflitto si basa sul confronto tra due donne che non è una guerra ma un’iniziazione – particolare che combacia con l’immaginario occulto di cui sopra. Una storia quasi senza maschi, in cui i poli del conflitto sono quattro figure femminili (due coppie madre-figlia, attorno al cui rimescolamento è imbastita la storia). Fino a poco tempo fa era difficile trovare al cinema e in tv uno scontro tra donne che non riguardasse gli uomini. In Gretel & Hansel il conflitto riguarda solo tangenzialmente il fratellino; Hansel è oggetto di contesa, ma non per il suo possesso (“questo maschio è mio”), quanto per la liberazione da lui: viene descritto come una responsabilità che Gretel non ha scelto, lo scontro tra lei e la strega è sul liberarla da questa appendice e soprattutto su quale maniera usare per farlo.
Il vero dunque della trama ruota attorno all’affermazione dell’identità della protagonista, che si realizza però proprio perché è la strega a dargliene la possibilità. Gretel incontra finalmente qualcuno che ne vede il potenziale, che la apprezza per quelle capacità che le rendevano la vita difficile al suo villaggio. In cambio di questo riconoscimento e di una nuova conoscenza, la strega le chiede però un sacrificio umano. Gretel decide di non consegnarle il fratello ma di sacrificare invece lei, la strega, e prenderne poi il posto. Da come Perkins struttura questo climax, traspare però un senso nascosto: la scena della sua uccisione è progettata dalla strega stessa come una prova d’iniziazione, un test che Gretel deve superare usando i suoi poteri, col fratello a fare da esca.
Il sacrificio della strega appare quindi simbolico e consensuale, a rappresentare la circolarità del destino di queste donne, in cui quella più anziana lascia il posto a una più giovane per non far estinguere i loro saperi condivisi. Il film racconta solo apparentemente di uno scontro, ma la storia che prevale è quella dell’iniziazione di Gretel da parte della sua maestra. In quel senso, rispetta appieno la tesi dichiarata fin da subito: qualcosa viene dato in cambio di qualcos’altro. Non in uno scontro, ma in un incontro. Quindi, la prima cosa che fa Gretel dopo questo rito è liberarsi del fratello, proprio come voleva la strega, ma in modo non violento. Dal confronto con l’ombra Gretel è uscita arricchita; non da un trauma come accade ai personaggi dei rape&revenge (si veda il pur pregevole L'uomo invisibile), bensì dai doni straordinari e amorosi che la strega le ha fatto. La sua antagonista non ha mai voluto il suo male, neanche per un secondo.