Logan - The Wolverine

di James Mangold

Dopo Rogue One un altro spin-off capace di unire personalità e fedeltà al mito, la storia un padre e una figlia in fuga da un passato di sangue e diretti verso un “mondo perfetto”.

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Logan - The Wolverine è il film che ci si aspettava, oggi, dopo una carriera iniziata nell'indipendenza Sundance e via via cresciuta a contatto con il classico e l'industria, da James Mangold. Lasciamo da parte Wolverine – L’immortale, e già che ci siamo dimentichiamoci anche del primo capitolo di Gavin Hood. Eccolo il film che vale la pena aspettare e cercare nel mare magnum del cinecomic, la scheggia impazzita capace di coniugare fedeltà al personaggio e personalità autoriale grazie alla libertà permessa dallo statuto di spin-off. A ben guardare è lo stesso traguardo raggiunto dal coevo Rogue One, come Logan un film che si è potuto permettere di evadere dalle rigide logiche seriali della sua saga di origine, e che in questa libertà ha trovato valore e ragion d’essere.

Andando di semplificazione, se il cinema assorbito dalla televisione ci ha regalato la cosiddetta era post-network e quel che ne è seguito, la serializzazione di ritorno sul grande schermo ha portato soprattutto a un forte appiattimento del blockbuster hollywoodiano, fonte di un intrattenimento di massa sempre più consapevole e globalmente pervasivo ma anche esposto a logiche a logiche industriali smaccatamente totalizzanti. Da strumento espressivo, la continuity applicata al blockbuster è diventata una prassi di standardizzazione nella quale ogni tassello deve bilanciare la propria identità sottomettendosi al piano generale, una “pianificazione quinquennale” che ha dirottato su di sé quasi ogni sforzo produttivo e ha inglobato al suo interno le promettenti traiettorie di tanti giovani registi. All’ombra di colossali tentpole, sono ormai minimi gli spiragli realizzativi per autori che un tempo avrebbero declinato il genere in forme nuove e personali. A fronte di quest’asfittica prospettiva, la via di fuga per nomi come Mangold e Gareth Edwards è quindi quella dello spin-off, dove le maglie degli studios si allentano e il blockbuster hollywoodiano può ritrovare la sua capacità unica di unire autore e spettacolo.

Anche sul fronte tematico Logan e Rogue One sono due film a stretto contatto, accomunati da un’invadenza della morte, un peso crepuscolare di fine imminente che attraversa entrambe le narrazioni. Logan in particolare, abbracciando per la prima volta la violenza intrinseca al personaggio, offre immagini sanguigne e corporee, un disfacimento della carne che però non si limita al comparto slasher ma affronta le sfide della vecchiaia e del tempo, un passato che resta incollato come una condanna e invade corpo e mente come una malattia degenerativa. Grazie al controllo esclusivo della saga, Hugh Jackman e Mangold possono portare il loro personaggio a confronto con il concetto stesso di fine (un’idea pressoché assente tanto nel cinecomic quanto nella sua origine cartacea) e ritrovare in questo momento limite la forza espressiva che è sempre sfuggita ai film precedenti. Questo Logan è perso in un mondo vicino all’apocalisse, una desolazione western che lascia in bocca il sapore rosso di polvere del deserto; vecchio, dolente, spezzato, è un personaggio che ben conosce il mito di sé stesso e la distanza che lo separa da quell’idea, da quella golden age che vive solo sulle pagine dei fumetti. Logan è il primo cinecomic che si confronta direttamente con l’incarnazione cartacea dei suoi personaggi, un riferimento che non ha mai pretesa metalinguistica ma ha il merito di incarnare con semplice efficacia la forza mitica di Wolverine e compagni, smarriti ma quanto mai necessari in una realtà limite che cerca disperatamente i suoi eroi.

Tra Un mondo perfetto e Il cavaliere della valle solitaria, quella di Mangold e Jackman è un’elegia funebre sulla caduta degli (anti)eroi, ma assieme un’odissea on the road di un padre e una figlia, coppia disfunzionale in cerca di un legame umano che superi la sintesi genetica di una violenza bestiale. Accanto a Logan infatti il film racconta la storia di X-23, ideale passaggio di testimone ma soprattutto personaggio che genera l’occasione di una redenzione. E’ lei a smuovere Logan e un malandato Professor X dalla loro apatica attesa della fine, innescando una riconquista dell’identità che altro non è che ritorno all’immaginario e al mito del fumetto.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 26/11/2019

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