La storia della principessa splendente

Perfetto omaggio alla bellezza del mondo, il film di Takahata racconta una splendida storia in forma di fiaba

Una volta un tagliatore di bambù trovò in un albero una bambina piccola quanto il palmo di una mano e con la moglie decisero di adottarla. La piccola crebbe e divenne una splendida fanciulla, corteggiata dai più distinti uomini del paese, ma un segreto si celava dietro il suo passato...

La storia della principessa splendente si potrebbe riassumere in una fiaba, è l’opera di Isao Takahata effettivamente tratta da un antico racconto popolare giapponese su di una principessa venuta dalla luna e cresciuta sulla terra; ma la spunto è solo introduttivo, perché il film nel suo evolversi apre uno sguardo sul sentimento intimo di abitare su questo pianeta. Principessa Kaguya, questo il nome della protagonista, fa i suoi primi passi in una dimensione di perfetto contatto col mondo esterno, vissuto in continue peregrinazioni per la campagna, in un rapido sviluppo fisico – il suo corpo cresce di parecchi cm in un attimo – felicemente circondata dai bambini del posto. È una beatitudine dei sensi che lo stile dell’animazione rende con un’estetica minimalista, fondata sull’antica bidimensionalità delle illustrazioni delle fiabe per i più piccoli. Principessa gode della natura e della persone, del ridere e del correre, nel mondo si getta capofitto, a mani spalancate, in coinvolgenti sequenze ove il tratto lineare lascia spazio a un segno espressionista, pregno della potenza delle emozioni della protagonista. Una scelta che preferisce l’empatia alla verosimiglianza del disegno, lasciando trasparire da poche linee tutta la pienezza della natura, e la solitudine provata una volta che il padre, trovato dell’oro nell’albero di bambù, si convince di dover assicurare alla figlia adottiva il più felice dei destini. È chiaro all’epoca cosa questo significasse per una donna: diventare una nobildonna e sposare un principe. Così, lasciati i campi verdi e gli amici d’infanzia, Principessa impara a non sorridere, non correre, stare composta, truccata come una perfetta bambola, e scopre l’isolamento e il dolore di non voler deludere i propri genitori. I pretendenti non mancheranno, e dei più ricchi e valenti; ma la fanciulla desidererebbe solo essere libera, e torna a rivolgersi a quella luna gigantesca nel cielo che sin da piccola le è sembrata nasconderle un segreto.

Nel film di Takahata ci sono le due parti fondamentali del vivere, l’amarezza e la gioia, e la scelta personale di ognuno di accettarne il prezzo. Principessa impara a detestare quella Terra che aveva amato così visceralmente da bambina, ma è un’avversione generata dall’originaria felicità, e dal conseguente stupore doloroso di trovare del male in un posto tanto meraviglioso. Così, malgrado le parti più drammatiche, la storia conserva una dolce levità, la segreta confessione che la bellezza del mondo sopravvive alle ferite inferte dagli uomini. Ed è con tale grazia che questa fiaba in movimento invade lo schermo di alberi di ciliegio mossi da vento, violente ombre scure, amanti sospinti in volo e un infinito paesaggio multicolor pastello. Si potrebbe allora dire che una sorta di monito involontario si cela in La storia della principessa splendente, generato dall’incanto che suscita lo stile di Isao Takahata, nella sua pacata tenerezza: forse basta immaginare la bellezza nel mondo, perché questa esista davvero.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 01/11/2014

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