Kubo e la spada magica
Sherazad della stop motion, la Laika supera sé stessa e unisce la migliore poesia a traguardi tecnici straordinari.

Oltre i veli dell’entusiasmo per un percorso creativo, tecnologico e poetico di crescita costante, andando a scavare più a fondo la Laika Entertainment si può rivelare come un luogo scomodo da amare, uno studio delle meraviglie nato dal nepotismo e fondato con una scalata finanziaria dal co-fondatore della Nike, Philip Knight.
Laika infatti nasce dall’acquisizione della Will Vinton Studios, compagnia fondata dall’omonimo regista premio Oscar che Knight ha strappato al suo creatore per affidarla al figlio Travis, appassionato di animazione che dopo alcuni anni di gavetta è diventato il dirigente della nuova compagnia. Oggi, con Travis Knight nuovo CEO della Laika ma soprattutto regista di un film che è un traguardo straordinario, guardare indietro all’origine di questa compagnia serve, oltre ogni ricostruzione giornalistica e disposizione morale, a mettere in prospettiva la storia di un progresso tecnico e poetico le cui radici affondano a ben prima di Coraline – il brillante esordio della Laika affidato alla regia di Henry Selick (regista di The Nightmare Before Christmas che fu chiamato a raccolta dal neo-dirigente Knight Jr. assieme a veterani dell’animazione provenienti da Disney, DreamWorks e Pixar). Questo perché il lavoro che la Laika sta portando avanti nell’unire stop motion e animazione digitale, un percorso unico per intenti e risultati raggiunti, altro non è che l’eredità, esplosa e meravigliosamente sviluppata, di quanto fatto da Will Vinton negli anni ’80 e ’90, quando questi si affermò come pioniere nell’interazione della stop motion con le nuove potenzialità computerizzate.
Al netto delle ambiguità intrinseche alla sua nascita, la Laika oggi persegue con estrema lucidità questa storia, una tradizione anzitutto manifatturiera rinverdita dal digitale e che la squadra di Travis Knight è riuscita a portare a livelli inediti per complessità e bellezza.
Kubo e la spada magica è probabilmente il film in stop motion più elaborato e tecnologicamente avanzato di sempre, aperto alle innovazioni ma fedele a tutti i processi e i tempi e i particolari propri di una tecnica d’animazione che fa del dettaglio la chiave di volta del suo successo.
Similmente a quanto costruito negli anni dalla Pixar, al centro di questa dicotomia tra vecchio e nuovo, tradizione e digitale, la Laika colloca la dimensione mitica del rito di passaggio, archetipo narrativo e poetico che attraverso i quattro lungometraggi finora realizzati rilancia la prospettiva dialettica di un passato che diventa futuro senza perdere per questo la propria identità. Nessun conservatorismo ovviamente, piuttosto un’adesione fedele alle fondamenta della fabula occidentale, che nell’ambientazione giapponese di Kubo e la spada magica diventa anche incarnazione di una prospettiva filosofica più marcatamente orientale.
L’importanza della crescita e le dolorose separazioni che seguono l’ingresso nell’età adulta si legano al ruolo della memoria dei propri cari, custodi e pilastri (le strings del bellissimo titolo originale) di un tempo infantile da conservare. Kubo, apparentemente in fuga dalla propria famiglia ma in verità impegnato in una missione dall’esito opposto, percorre la sua strada e supera le sfide proprio grazie alla perseveranza del ricordo, dimensione interiore che si manifesta attraverso l’arte della musica e alla quale Kubo ricorre per completare di fatto sé stesso e la propria identità.
Lungo questa particolare versione del viaggio dell’eroe, quella messa in scena da Travis Knight è una trinità di laica e poetica umanità, il miracolo dell’uno e trino per cui ogni individuo nasce dalla sintesi e dall’amore di altri due, e ad essi fa riferimento per consolidare sé stesso e il proprio ruolo nel mondo. Nessun uomo è completo in sé ma parte di un’unità familiare che anche spezzata può perdurare nella memoria attraverso la magia del racconto e delle storie. Del resto Kubo è un artista, animatore e narratore, un musicista capace di evocare racconti e miti attraverso la musica e dei semplici fogli di carta. Sherazad dell’animazione, Kubo incarna senza troppo nascondere il processo creativo esercitato dalla stessa Laika, una compagnia dal passato ambiguo ma dal presente a dir poco luminoso, pronta a sfidare per maturità tecnologica e poetica la gigante Pixar e a completare definitivamente una prima fase della sua storia.
Kubo e la spada magica è il lavoro con cui la Laika e Travis Knight chiudono i conti col passato e con le diverse sfaccettature dell’infanzia, per aprirsi adesso a quel che naturalmente segue. Da questa prospettiva e a meno di improvvisi colpi di scena, da qui in poi lo studio guidato da Knight entrerà nella storia dell’animazione.