DECALOGO - Sette

di Krzysztof Kieślowski

Non rubare.

Decalogo - recensione film Kiéslowski

Il Decalogo di Krzysztof Kieślowski può essere interpretato come un'opera di confine, o meglio, un'opera sul confine: gli ambigui, porosi territori di frontiera tra etica e legge, umano e disumano. Nel sovrapporre le categorie e mostrare dove le nitide certezze della società e della morale sfumano in sintesi tattiche e localizzate, Kieślowski e il suo co-sceneggiatore Piesiewicz mettono in scena la storia di uomini e donne che incedono nel mondo, cercando una via percorribile tra le asperità del quotidiano.

Nel settimo episodio del Decalogo, dedicato al biblico "non rubare", ci si addentra a fondo in questo territorio di confine. Kieślowski sceglie di mettere in scena un furto molto particolare: il furto di una bambina.

La giovane Majka ha un rapporto difficile con la madre Ewa e con la sorella Ania. Durante una recita scolastica, Majka rapisce la bambina e fugge via con lei. Nel corso della fuga le rivela di essere, in realtà, sua madre. All'età di sedici anni, la ragazza ebbe una relazione con un professore. Per evitare uno scandalo, Ewa fece registrare la neonata come la propria figlia. Da quel momento, i rapporti all'interno della famiglia sono stati gravemente compromessi.

Majka, a sua volta, si sente vittima di un furto. Quello che le è stato tolto è stato il proprio ruolo di madre. La freddezza di Ewa, l'assenza del padre e la distanza che la separa di Ania costituiscono un quadro di gelida convivenza. L'unica forma di salvezza possibile, per lei, sembra fuggire verso una nuova vita, un qualsiasi altrove. Una fuga altamente improbabile, progettata e calcolata ma priva di un reale spessore, è per lei l'unica possibile azione di protesta contro un'ordine sociale in cui non sembra esserci posto per loro, per le complessità di una famiglia al di fuori dei canoni della normalità.

Quando Majka incontra il suo ex amante e padre biologico della bambina, questi le dice: "O bianco o nero. Per te non c'è via di mezzo". La frontiera, quello spazio amorfo dove sfumano le forme di potere e di identità, è qui negata. Restano solo le rigide linee di confine: madre o sorella, giusto o sbagliato. Anche lei, come tutti i protagonisti del Decalogo, è un personaggio in cerca di una via di fuga, letterale o simbolica, da un mondo rigido e binario. Anche lei si ritrova in trappola, incapace di trovare una mediazione o una soluzione diversa dalla rottura completa dell'equilibrio iniziale. Da qui, da questa situazione di soffocamento, sgorgano il dolore e la violenza su cui si sofferma lo sguardo dell'autore.

Qui come altrove nella sua filmografia, lo sguardo di Kieślowski è intimo e carico di compassione. La macchina da presa indugia sui volti e sui gesti, i conflitti e le passioni che animano il tentativo di fuga di Majka. Una via d'uscita che si rivela, ancora una volta, illusoria: Ania non può che riconoscere Majka come una sorella. Quando quest'ultima, infine, è costretta a rinunciare all'idea di portarla via con sé, l'unica alternativa rimasta è salire sul treno e andare via, da sola. Attraversare, di nuovo, un confine.

La rottura è troppo profonda per essere ricomposta: quello che resta è una famiglia spezzata e volti confusi e addolorati. Persino la giovane Ania sembra avere compreso, per la prima volta, la gravità di quanto sta accadendo; leggi e comandamenti si fanno muti e distanti per lasciare spazio ad uno sguardo carico di attese e interrogativi senza risposta.

Autore: Alessandro Gaudiano
Pubblicato il 28/02/2021

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