La diseducazione di Cameron Post

di Desiree Akhavan

Un’opera potentemente corporea sull’adolescenza che ne racconta la voglia di conoscere il mondo e la vergogna per se stessi.

la diseducazione di cameron post - recensione film

Cameron (Chloë Grace Moretz )è un’adolescente che ha già capito da sola che spesso, a volte quasi sempre, è necessario indossare una maschera per sopravvivere in società. Quando si scopre lesbica e innamorata della sua amica Coley, sa di dover nascondere la cosa alla zia, fanatica religiosa, così mantiene la relazione col suo ragazzo e va con lui al ballo della scuola, facendocisi fotografare insieme, ben truccata e vestita, come fossero la classica giovane coppia eterosessuale, rassicurante e perbene. Senonché la sua segreta, sincera passione per Coley la spinge ad appartarsi con lei in macchina, e le due ragazze vengono colte in flagrante dal fidanzato di Cameron. Alla notizia del peccato mortale commesso dalla nipote, l’inorridita zia decide di spedirla immediatamente niente poco di meno che in un campus religioso di riabilitazione per i giovani deviati dal “peccato” dell’omosessualità. Un posto pieno di persone gentili, che accolgono la ragazza con grandi sorrisi e uno sguardo implacabile. In poche parole, una prigione, dove la tremenda dottoressa Lydia, espressione gentile ma livida, è convinta di aver creato il metodo perfetto per curare l’omosessualità, e ha fatto del fratello Rick, sua prima cavia, la prova vivente della bontà delle sue teorie.

Ci sarebbero molti modi di raccontare cinematograficamente un’esperienza del genere, ma benché La diseducazione di Cameron Post sia tratto dall’omonimo libro di Emily M. Danforth, il suo approccio al racconto non è solo visivo, ma fortemente fisico. Nel film ci sono due modi di vivere il corpo che raccolgono in sé due contrarie visioni della vita: l’adolescenza al suo meglio come periodo in cui si sperimenta ogni cosa senza l’esperienza necessaria per giudicare, fatta di giovani che si baciano, ballano, cantano, piangono e urlano; e quella arresa, impietosa, rigida e controllata degli adulti che vorrebbero cancellare questa fluidità emozionale imperfetta e vitale. Le teorie della dottoressa  Lydia – e di molti altri come lei – concepiscono l’omosessualità come una malattia con sintomi e cause, ma soprattutto rigettano in toto ogni sfumatura, ogni esperimento, ogni dubbio, e con essi, il senso stesso dell’adolescenza, che è un percorso di crescita necessariamente altalenante e dinamico. Difatti i ragazzi che nel film cedono e decidono di convertirsi sono i più solerti e laboriosi, finché quel groviglio di emozioni, impulsi e suggestioni che hanno soffocato dentro non esplode in scene esplosive di desiderio o disperazione. C’è un solo sentimento, così tipico dell’età giovanile, che la dottoressa abbraccia e anzi amplifica: è quello della vergogna per se stessi, così ingigantita da divenire la gabbia che stringe in una morsa i corpi e riduce la loro libertà di movimento nello spazio.

Cameron impara subito a soddisfare le aspettative di chi la circonda, assumendo in pubblico la postura composta di chi si sta controllando ed è sulla difensiva, ma di nascosto si lascia andare con gli amici conosciuti al campo, cosicché il suo corpo ritorna libero, mobile e agile. La ragazza ammette spesso di “non sapere”, non si interroga su Dio né sul proprio orientamento sessuale; vive e basta, con una semplicità che gli adulti non possono perdonarle. Certo, questo continuo passaggio fra un registro comportamentale e un altro, unito al costante sguardo di disapprovazione e distanza di chi non l’accetta, è stremante, perciò il film di Desiree Akhavan cresce gradualmente di intensità insieme alla tensione interiore della protagonista, fino a trovare sfogo nella liberatoria catarsi finale.

Difatti, quasi a voler appropriarsi visivamente della natura intimamente leggera dei suoi personaggi in fuga da una prigione dello spirito e del corpo, La diseducazione di Cameron Post si appropria della loro spontaneità e si fa film ironico, leggero senza esser mai superficiale, che scorre con la medesima vitalità di un corpo in corsa e che allo stesso tempo si irrigidisce  quando tutto intorno alla protagonista sembra volerla soverchiare e in un certo qual modo mutilare e azzittire. Salvo ritrovare comunque, alla fine, il respiro fresco di chi vuole poter amare e muoversi nel mondo in piena libertà.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 18/03/2019
USA 2018
Durata: 90 minuti

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