Una "parte due" che capitalizza al meglio quanto fatto in precedenza e alza tutti i livelli in gioco, dal discorso politico all’escalation drammaturgica, dall’intensità attoriale alla spettacolarità dell’azione e dello scontro frontale. Il più grande kolossal hollywoodiano di questi anni.
Un gesto di fede dovuta, un’ulteriore scavo nella nascita mostruosa di una nazione, un affresco che riporta l’immagine del cinema americano a forme di epica e classicità perdute. L’occhio si spalanca.
Cinema della gabbia dorata che non riesce a valorizzare il ribaltamento femminile del punto di vista, confondendo superficie per superficialità, racconto del vuoto con crisi del personaggio.
Prodotto da MUBI, il primo film di finzione dei fratelli Ross è un ibrido impastato di documentarismo sincero e dal cuore aperto, un road movie elegiaco sull'adolescenza popolato di personaggi cui non si può voler bene.
L'esordio di Huston trova nell'epica redentiva della boxe terreno fertile per il miglior cinema di genere, classico elegiaco in cui l'impianto documentaristico incontra il racconto a cuore aperto.
You cannot negotiate with gravity: assimilata la decostruzione digitale di Blackhat, Mann firma la sua opera più funerea, una resurrezione del classico in vesti aggiornate tramite cui rinegoziare le possibilità mitopoietiche della propria estetica nella relazione tra personaggi e mondo.
Manipolando a piacimento le forme massime del capitale hollywoodiano, Nolan firma un blockbuster antispettacolare sull'ossessione scopica e la costruzione dell'immagine atomica, "meridiano bianco" che è assieme limite e punto di discontinuità. Film che resterà, è una delle grandi opere di questi anni.
Un secondo Bardo in versione hipster, cinema che non prevede spettatori ma testimoni, conferme, inteso come camera d’eco in cui installare l’ennesima cattedrale del sé mentre fuori il mondo brucia.
Noir metropolitano in grado di esaltare il genere e raccontare porzioni importanti del reale, a partire dal modo in cui impiega e rende per immagini la città, argomento troppo a lungo disimparato dal nostro cinema e qui, finalmente, vivificato.
Punto d'incontro tra la prima e seconda parte della carriera di Shyamalan: un perfetto meccanismo di genere in cui la serendipità umanista di un tempo diventa urgenza del sacro nei confronti dell'altro, di uno sconosciuto che non riconosciamo ma che comunque, forse, siamo chiamati ad ascoltare.