Lodge 49

La nuova serie AMC guarda al mito de “Il grande Lebowski” e utilizza il nonsense e la comicità per veicolare una malinconia tutta contemporanea.

Lodge 49 - recensione serie tv amc amazon prime

Lodge 49 è uno show AMC arrivato in Italia questa estate grazie al servizio streaming di Amazon Prima Video. In un anno pieno di serie di grande interesse, ma anche di delusioni spesso inaspettate, questo show si distingue come una delle più originali tra le novità del 2018, capace di non imitare modelli già ben definiti (come ha fatto ad esempio Sharp Objects) ma di proporre un racconto brillante che fosse anche originale.

Lodge 49 offre agli spettatori un nuovo modo di guardare ai drama televisivi, raccontando con leggerezza la malinconia e la depressione di personaggi i quali, se raccontati con la consueta cupezza, sarebbero l'ennesima variazione sul tema di cliché ormai usurati. La serie ha quindi il coraggio e la sfrontatezza di dire addio ai toni dark di tanti show di qualità che hanno dominato il recente passato del panorama televisivo americano cable, utilizzando l'ironia per sottolineare le difficoltà più o meno impreviste della vita (in modo simile a quanto fatto l'anno scorso da Patriot).

Gli stessi protagonisti sono il veicolo principale di questa nuova modalità di racconto: in questo caso non parliamo né di eroi né di antieroi, non abbiamo di fronte né Jamie Fraser né Don Draper,  bensì uomini e donne che non sono minimamente in grado di prendere in mano la propria vita e che molto spesso ne vengono sopraffatti. Per certi versi si tratta di personaggi molto simili al Jimmy McGill di Better Call Saul, ovvero degli esseri umani deboli, incerti, ancora meno capaci di autodeterminarsi, e che gli autori non hanno paura di rappresentare in tutte le loro indecisioni, in tutta la loro umanità.

La serie racconta della Loggia 49, una comunità di perdenti di Long Beach che guarda in maniera nostalgica a un passato ricco di successi e meraviglie (non si sa bene fino a che punto inventati) ma che vive un presente tutt'altro che roseo, fatto di difficoltà economiche e solitudine. I personaggi sono losers che non troverebbero spazio in altre serie tv, e che invece qui vengono dipinti con precisione e attenzione alle sfumatura da un racconto che fa emergere tutta la loro dignità. Tra questi protagonisti in totale paralisi emerge Dud (interpretato da Wayatt Russell, figlio di Kurt Russell e Goldie Hawn), ex surfista ferito in maniera irrimediabile dal morso di un serpente e costretto a rinunciare alla sua grande passione. La serie di sciagure capitategli non termina però con quest'incidente perché lui e sua sorella Liz si ritrovano improvvisamente sovrastati dai debiti lasciatigli dal padre defunto. Tuttavia il destino per loro non ha in servo solo crudeltà, perché in maniera quasi casuale li fa unire a una comunità di disadattati (la Loggia) nella quale troveranno una sorta di nuova dimora, soprattutto dal punto di vista affettivo.

Il mondo ritratto da Lodge 49 è profondamente in crisi, non solo dal punto di vista valoriale, ma prima di tutto da quello economico. Questa costante tematica si riverbera anche sul livello stilistico perché lo stesso ritmo della serie si allinea con quelli dei personaggi, i quali hanno da tempo lasciato andare ogni velleità di scalata sociale, di rincorsa del profitto e competizione professionale, scegliendo una vita vissuta a giri molto più bassi, per certi versi senza particolari ambizioni ma fatta di autoconservazione e solidarietà reciproca. Nel corso di tutti gli episodi è forte la sensazione che la Loggia del titolo, oggi, non sia altro che uno scudo, un modo per costruire una bolla dentro la quale difendersi dal mondo esterno e continuare a vivere all'interno del proprio universo, con le proprie regole, ignorando tutti ciò che c'è all'esterno. Nel suo nichilismo esasperato questa la visione del mondo che ne emerge è estremamente contemporanea, perché capace di parlare a un pubblico che probabilmente vive la stessa insoddisfazione verso la vita dei protagonisti, la stessa disillusione in un futuro miglore e magari riconosce nella soluzione “solidale” da loro adottata una simile via di fuga.

Lodge 49 è quindi soprattutto una serie di personaggi, di individui ormai abituati al peggio e quasi anestetizzati da una vita così orrorifica rispetto alla quale sono i primi a mettersi ai margini. Sono uomini e donne che hanno bisogno di sentire qualcosa, che stanno con difficoltà cercando di imparare nuovamente a provare emozioni, a riconoscersi a vicenda. Per loro non è neanche necessario fare cose “importanti” (importanti per chi poi?) come fare carriera, diventare ricchi oppure avere delle proprietà, basta anche solo certificare a se stessi e agli altri la propria esistenza, il proprio esistere in un mondo che stritola i singoli individui, eccetto i (pochi) vincenti.

Tra i tanti meriti di Lodge 49 c'è quello di ritrarre una generazione uccisa dalla nostalgia, senza più carattere e coraggio (o forse semplicemente senza la voglia di averli perché definitivamente senza speranza), perennemente in difesa, che anche quando prova ad andare verso l'orizzonte finisce in un attimo la benzina e quando spicca il volo perché finalmente ne ha beccata una giusta viene tirata giù da un cecchino. Tutto questo potrebbe avere il volto di un racconto deprimente che mette a dura prova anche lo spettatore più preparato, invece ne esce esattamente il contrario, una serie brillante, dall'ironia sarcastica e amara, che si vorrebbe non finisse mai.


«Always go looking for unicorns when we’ve got rhinos. A rhinoceros is a fascinating animal. All this fascinating stuff right here in front of us. Screw unicorns, man».

Autore: Attilio Palmieri
Pubblicato il 23/10/2018
USA 2018
Durata: 1 stagione da 10 episodi

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