Nimic

di Yorgos Lanthimos

L'ultimo cortometraggio del greco Lanthimos è una raggelante e straniante riflessione sul senso (precario, incerto) dell’identità, dove la routine quotidiana del protagonista si infrange di fronte all'assurdo.

Nimic di Yorgos Lanthimos Point Blank

La genialità di Yorgos Lanthimos non perde il suo fulgore neppure quando viene “compressa” nella durata esigua del formato breve, come aveva già dimostrato in maniera definitiva il suo Necktie (2013), cortometraggio di soli 90 secondi parte del progetto Venezia 70 Future Reloaded. Qui, pistola alla mano, due scolarette in divisa si sfidavano a duello, con un bosco superbo a fare da sontuosa scenografia, e la morte si palesava in una citazione di Baudelaire. La potenza espressiva, l’eleganza asettica e la crudeltà glaciale del suo cinema si coagulavano tutte in un minuto e mezzo, per manifestarsi con la rapidità abbagliante di un lampo. 
L’ultimo cortometraggio del regista, Nimic, presentato a Locarno Film Festival 2019 e poi al  Ravenna Nightmare Film Festival 2020, è ora finalmente presente nell’eccellente catalogo di MUBI. Anche stavolta l’occorrenza di una narrazione stringata sembra diventare il pungolo che spinge il regista ad affilare ulteriormente il rasoio.

Protagonista di questa raggelante e straniante riflessione sul senso (precario, incerto) dell’identità è Matt Dillon, un violoncellista che vedrà la sua routine quotidiana infrangersi di fronte all’impensabile, al mistero, alla totale messa in discussione del senso dell’esistenza, che terrorizza e paralizza e annienta. L’assurdo irromperà così, in un giorno come tanti, in metropolitana, quando l’uomo chiederà distrattamente che ore sono (o meglio, do you have time?) a una donna che gli siede di fronte, donna che da quell’istante, come in un incubo angoscioso, diventerà il suo specchio, il suo doppio e infine l’usurpatrice del suo “ruolo”.
Siamo dunque tutti, indistintamente, sostituibili? Siamo interpreti di una sceneggiatura che va avanti autonomamente, indifferente all’identità degli attori? Siamo soltanto segni che hanno smesso di significare qualcosa di precipuo, autentico, definito? E se tutti “gli altri”, i nostri cari, non si oppongono alla nostra “sostituzione”, che ne è delle relazioni, dell’affetto, dell’amore?
Per chi ha apprezzato The Lobster, non è una novità che il relazionarsi con l’altro, l’essere coppia o famiglia, nell’universo spietato di Lanthimos sia mero fatto esteriore, dovere sociale, necessità anche eteroimposta di conformarsi a una norma che non contempla l’eccezione.

Ma dietro all’enigmatico e cupamente surrealista Nimic c’è anzitutto lo sconcertante e plumbeo Alps (2011), dove la “sostituzione” era una professione studiata e organizzata con attenzione, pensata per chi avesse bisogno di un surrogato allo scopo di superare un lutto. La storia, insomma, in qualche modo viene da lontano, mentre l’approccio stilistico eredita i grandangoli esasperati del più recente La favorita. Il risultato finale, come sempre con Lanthimos, è un oggetto tagliente e adamantino, disorientante come un enigma cifrato, che sembra quasi prendersi gioco dello spettatore, impossibile da collocare e allo stesso tempo da dimenticare.

Autore: Arianna Pagliara
Pubblicato il 29/11/2020
Usa, 2019
Durata: 12 minuti

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