La scomparsa di Eleanor Rigby - Lui

Nel dittico di Ned Benson su una coppia in crisi il film sul protagonista maschile risulta, per quanto appesantito dal generale schema simmetrico, la più vivida fra le due opere

Due persone si innamorano, si sposano e mettono al mondo un figlio: è una vita basata sulla condivisione dei gesti, delle emozioni e dei pensieri. Se però qualcosa rompe la complicità, riportando i due innamorati alla loro solitudine originaria, come cambierà lo sguardo su quella che prima era una visione comune? La scomparsa di Eleanor Rigby racconta la medesima crisi amorosa in due film diversi, a ognuno dei quali sono affidati singolarmente i punti di vista di Lei e e di Lui (più un terzo riassunto complessivo, Them): Eleanor e Conor sono stati insieme per sette anni, ma la morte prematura del figlio ha rivelato modi di affrontare il dolore così diametralmente opposti da deteriorare la reciproca comprensione, finché un giorno Eleanor, sopravvissuta a un tentato suicidio, decide di andarsene.

Dalla scomparsa di Eleanor iniziano le duplici storie, una basata su colui che rimane e aspetta (Conor) e l’altra su colei che è fuggita. È importante sottolineare che le due opere non possono considerarsi racconti autonomi, essendo strutturate secondo un preciso schema di simmetrie e compensazione. Nei due film le scene che vedono insieme la coppia vengono riproposte quasi identiche, con leggeri cambiamenti da un punto di vista all’altro, ma nelle sequenze che li vedono separati si ripetono spesso situazioni e dialoghi simili - entrambi ad esempio affermano di non capire ciò che i genitori tentano di dir loro – come se, malgrado la lontananza emotiva che l’ aveva condotta alla separazione, anche a distanza la coppia non potesse non camminare secondo il medesimo tragitto.

Dunque il punto di vista di Conor in La scomparsa di Eleanor Rigby – Lui vive in funzione di una verità, quella di Eleanor, che si paleserà con la visione del film a lei dedicato; ed è in questa spinta verso l’assente che l’uomo si confronta con le sue perdite complessive. Infatti oltre ad aver perso figlio e moglie, ed esser dovuto tornare a vivere col padre, il locale da lui aperto è prossimo al fallimento e i suoi trent’anni, che poco prima ancora rappresentavano la conquista di una solidità esistenziale, ora appaiono forieri di dubbi e nuovi dolori. Cercando Eleanor, pedinandola per strada, andando di nascosto a chiedere notizie alla madre, Conor sprofonda sempre più nell’incertezza: il suo è il personaggio più viscerale, un uomo che litiga e ama con la medesima spontaneità, correndo sempre in avanti alla ricerca di qualcosa, fino a inseguire e – forse – lasciar andare il proprio passato.

Guardando sia a Lui che al dittico finale questo schietto trasporto è il solo elemento vivo di uno schema narrativo così rigidamente ripartito da diventare una gabbia. Troppo impegno sprecato nel far combaciare il cammino dei protagonisti limita la vivacità delle emozioni, costringendo gli attori a silenzi statici interrotti da dialoghi didascalici. La sensazione che Conor e Eleanor siano figurine minuziosamente collocate nello spazio e nel tempo in modo da far tornare i conti annulla la curiosità iniziale di scoprire le loro diverse verità, così che il proposito originario di raccontare una storia concentrandosi separatamente sui personaggi finisce per sopraffare il risultato finale, negando un contatto reale con le esperienze mostrate sullo schermo. Costretto ad andare sempre avanti, Conor riuscirà paradossalmente a farsi inseguire, ma entro un percorso così artefatto da risultare un mero ritornare sulle stesse impronte.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 18/05/2015

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