Aquaman

di James Wan

Tra gag comiche, avventure multi-location, grande azione e alto tasso di testosterone, il tassello del DC Extended Universe firmato da James Wan segue con successo il modello Marvel.

Aquaman - recensione film dc

In un Universo cinematografico e immaginifico ormai dominato dai supereroi, la Dc lancia un nuovo personaggio destinato a occupare un ruolo di primo piano nella propria scuderia: Aquaman. Il film ripercorre la storia di Arthur Curry (Jason Momoa), metà umano e metà atlantideo nato da una relazione proibita, figlio di Thomas Curry (Temuera Morrison) guardiano del faro di Amnesty Bay nel Maine, e Atlanna (Nicole Kidman) la regina di Atlantide. Già da bambino Arthur scopre di possedere dei superpoteri, sia capacità subacquee che li permettono di vivere nel mondo sottomarino (respirare sott’acqua, nuotare a velocità supersonica, comunicare telepaticamente con la fauna marina) sia abilità sovraumane su cui può fare affidamento in superficie (forza straordinaria, sensi potenziati e pelle impenetrabile dai colpi di arma da fuoco). Una figura invincibile a metà tra due ambienti, tra due mondi, riluttante a vestire i panni dell’eroe ma pronto a diventare una guida nel momento in cui si tratta di difendere le persone a lui care.

Tocca a James Wan – ormai esperto in saghe cinematografiche, dal genere horror di Saw, The Conjuring e Insidious al blockbuster di Fast & Furious 7il compito di resuscitare il DC Extended Universe (DEU), affossato dai disastrosi Batman v Superman: Dawn of Justice e Justice League, opere che avevano reso palesi le difficoltà per il media franchise di stare al passo dei cugini della Marvel. Il film ripercorre un topos narrativo classico ovvero l’eroe che deve confrontarsi con le proprie origini per riscoprire il suo passato  (ritrovare la madre creduta morta e sconfiggere il fratellastro) in una quest atta a formare i caratteri identitari di un personaggio che deve ancora comprendere le proprie potenzialità e trovare un ruolo nel mondo, sia sottomarino che sulla terraferma. Wan decide di non concentrarsi sulla back story di Aquaman, che viene affrontata in apertura di film e attraverso alcuni episodi rievocati da flashbacks, per dedicarsi meglio all’epicità del racconto, all’azione e all’intrattenimento, chiavi del successo del modello Marvel.  In questo modo il film tralascia alcuno scavo psicologico dei personaggi evitando di gettare luci su dilemmi interiori e conflitti repressi, che più che incupire il tono avevano spesso mancato di efficacia e focus nei precedenti film del DEU. Aquaman è un film fatto a immagine e somiglianza del suo protagonista Jason Momoa, plasmato e modellato sulla sua figura, tra bagnino di Baywatch e Conan il Barbaro (li ha interpretati entrambi), petto nudo, muscoli scolpiti, tamarreide a profusione e spirito spaccone ma dal cuore d’oro. Lontano dall’eroe biondo platino e dal viso pulito e candido dei fumetti, il film opta per una rilettura esotica del personaggio, un classico macho-man bidimensionale di origini hawaiiane; la sua controparte femminile è invece Mera (Amber Heard) figlia di Nereus, re degli Xebel, personaggio indipendente e pragmatico che si discosta dalla classica figura della damsel in distress, dal momento che sarà lei a salvare Aquaman in più di una situazione, configurandosi come compagna da buddy movie o spalla per una screwball comedy piuttosto che principessa da salvare.

Un aspetto molto importante del film, su cui i cinecomics focalizzano spesso la loro attenzione, è assunto dal villain. Oltre al personaggio di Black Manta, pirata terrorista che farà di tutto per portare a termine la propria vendetta e uccidere Aquaman, diretto responsabile della morte del padre, il vero antagonista dell’eroe è Re Orm (Patrick Wilson), fratellastro di Aquaman pronto a conquistare il mondo in superficie come punizione contro l’inquinamento del pianeta causato dall’uomo. Se da una parte il cinecomic è stato visto e analizzato, come del resto tutto il cinema americano, alla luce del trauma post 11 settembre, Aquaman, forse più come sintomo che come vero e proprio motore, getta luce su una nuova declinazione eco-traumatica. Sotto accusa infatti c’è la società civile della terraferma, le cui avidità e bramosia di potere hanno portato danni irreparabili all’ecosistema minacciando il regno sottomarino. Nonostante non sia una dinamica nuova quella della natura che si ribella all’uomo – d’altronde è l’assunto base per il disaster movie – il danno che la società compie attraverso l’inquinamento e il mancato sostentamento delle risorse sostenibili si ritorce qui per mezzo di cataclismi perpetrati da un villain, dal momento che questo è in grado di controllare gli elementi e scatenare la furia dei mari sulle coste Statunitensi, colpite da un disastroso tsunami. L’eco-trauma emerge da un paradosso che contraddistingue la nostra epoca. Se da una parte siamo consapevoli del danno che stiamo facendo all’ecosistema dall’altra non riusciamo ad intervenire concretamente, rassegnandoci al nostro futuro, che era poi l’assunto di base di Tomorrowland di Brad Bird. Ecco che in questo scenario, in cui vengono ancora una volta reiterate le immagini di distruzioni e catastrofi, tanto della superficie quanto del regno sottomarino, Aquaman sembra poter assumere il ruolo di paciere, mediatore tra due ambienti, tra due mondi. Un paladino del regno marino e animale pronto, attraverso il proprio coraggio e spirito di abnegazione, a caricarsi una responsabilità e una missione di cui l’essere umano non vuole ancora prendere azione salvare il mondo da una minaccia incombente più che mai. L’eroe di cui abbiamo bisogno adesso o quello che ci meritiamo?

Autore: Samuel Antichi
Pubblicato il 17/01/2019

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