Hippopoetess

di Francesca Fini

Un'originalissima sinfonia visiva dal sapore pop e dissacrante per raccontare la poetessa americana Amy Lowell

Hippopoetess di Francesca Fini

Visionario, psichedelico, ibrido e straripante, Hippopoetess è un documentario, un omaggio, un tentativo – splendidamente riuscito – di restituire la figura intensa e complessa della poetessa americana Amy Lowell attraverso un linguaggio che non sia solo medium, ma che sia invece – esso stesso – azione creativa. Performance, video arte e animazione in 3D in un profluvio di colori, l’estetica del videogioco che si mischia con i più raffinati linguaggi pittorici (primo fra tutti il Trionfo di Venere di Sebastiano Ricci), la fotografia del passato, in bianco e nero, che si scompone e si ricompone per dialogare con le immagini del presente. Non esistono gerarchie all’interno di questa originalissima sinfonia visiva dal sapore pop e dissacrante: l’intramontabile e romantico Voyage dans la lune di Méliés, il “futuro passato” di Star Trek, le immagini restituite da Street View di Google Maps assieme a Ezra Pound, Giacomo Leopardi e Dante si fanno elementi/frammenti visivi, citazioni, riferimenti preziosi in questo esplosivo ed eterogeneo mosaico.

L’autrice Francesca Fini, performer prima che regista, offre il proprio volto, il proprio corpo e la propria voce facendo di se stessa, generosamente, oggetto espressivo – più che soggetto - di quest’opera ipnotica e irriverente. Lo fa anche in nome di una sostanziale affinità interiore ed emotiva con la figura della poetessa americana: “In the video I compare myself to her, to her relationship with art, with poetry, with the body, with love and with food, in a continuous game of mirrors where I reflect myself in her and she reflects herself in me.” E ancora: “I am also very ambitious, I have always been: a solitary, ambitious artist who only believes in her own strength. I then identified with Amy as soon as I read her biography, and I think I’m the perfect person to tell this story.”[1]

Della Lowell viene ripercorsa la vicenda biografica e letteraria - l’Imagismo e il rapporto complesso e mai pacificato con Pound - e soprattutto viene restituita, in modo suggestivo, la dimensione poetica. Quella che la regista ci pone di fronte è una donna in carne e ossa, non un’idea, non una raffigurazione formale e bidimensionale. L’operazione si fa dunque riflessione letteraria e racconto avvincente, dai quali emerge la testimonianza di una precisa realtà sociale e culturale (l’America di inizio Novecento, divisa tra la profonda severità di certi retaggi ottocenteschi e le promesse di modernità del secolo nuovo). Il fulcro, il cuore pulsante, l’elemento centrale e distintivo resta però senza dubbio la natura coraggiosamente creativa, prima che documentaria, dell’opera: il film non vuole ordinare, sbrogliare, chiarificare ma piuttosto trattare la materia in esame come cosa viva e palpitante, avvolgendola in una luce che non sia fredda e analitica, ma policroma e intermittente, rispettosa di certe zone d’ombra quasi che proprio in esse risiedesse la parte più misteriosa e inconoscibile dell’arte (quella della Lowell ma anche quella di Francesca Fini), arte che in quanto tale non è mai completamente scandagliabile e addomesticabile.

Se c’è un segno distintivo che unisce il lavoro fantasioso e personalissimo della regista alla figura intrigante e volitiva della “poetessa ippopotamo”, è tutto nel nome del progetto curato dal critico Adriano Aprà all’interno del quale il film è stato presentato: Fuori Norma, a rimarcare, appunto, il non allineamento, la radicalità e l’irriducibilità come caratteri fondanti e irrinunciabili della pura espressione artistica.

 

[1] https://hippopoetess.tumblr.com/

 

Autore: Arianna Pagliara
Pubblicato il 09/04/2019
Italia, 2018
Durata: 53 minuti

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