Dossier Joe Dante / 7 - Cinephilic Orgy
I meccanismi di un amore, l'orgia cinefila di un amatore appassionato.

Se in un pentolone con dell’acqua bollente, portassimo ad ebollizione la quantità di immagini che il pubblico medio assorbe dalla televisione, il residuo fisso sarebbe uguale a zero. L’immagine televisiva (pubblicitaria, cronachistica o sensazionalistica) rimane sullo schermo giusto il tempo per essere vista dall’occhio ma non digerita dalla mente. La realtà diventa trasmissione di immagini che autentificano una realtà tradotta da un mezzo che la riprende, una sequenza senza un’espressione, come delle parole di senso compiuto senza una sintassi a sostenerle. Non possedendo nessuna linea di découpage le immagini si scollegano dopo averle viste, facendo perdere il fil rouge semantico necessario per una loro razionalizzazione (o negazione). Le accettiamo inconsciamente per quello che vogliono rappresentare. Esse si susseguono instancabilmente, accompagnando ogni ora della veglia ed ogni ora della notte. Montaggio di immagini di film, pubblicità, cronaca, talk show e telegiornali. Il montaggio permette a queste immagini di avvicinare contesti diversi, necessità diverse, inserendo, togliendo, reinserendo. Elasticamente il broadcast adatta quello che trasmette in maniera invasiva ed unidirezionale. Una tirannica mossa televisiva che a Dante non piace, ma nell’immaginare questo flusso che (come spesso accade nella sua filmografia) investe lo schermo, strappando il sipario ed invadendo il salotto di casa, ci viene in mente il rispetto che il regista concede alla tecnica del montaggio . Ed è proprio attraverso questo fluido incanto che nasce The Movie Orgy (1968), opera sperimentale di Joe Dante, un contenitore di immagini eterogenee e televisive, 7 ore circa di film di genere ed inserti pubblicitari, primissimo esperimento cinematografico del regista. La passione per il cinema, in Dante, nasce quindi dal montaggio, facendolo diventare poi una tecnica basilare di racconto. Quello che Dante vuole rappresentare è proprio un’orgiastica sequenza di immagini che lui ama, un suo personale canale televisivo privato. Il cinema si contamina con l’inserto di natura eterogenea e tutto sembra diventare extradiegetico.
La realizzazione del suo personale palinsesto gli insegnerà la funzionalità dell’intarsio, cioè dell’inserimento di altro materiale all’interno del découpage che struttura una storia. Il citazionismo del regista si affida a questa grande possibilità di essere trasmesso all’interno delle storie dei suoi film. Il suo amore per l’immagine (cinefila) continua a trovare il suo spazio. Sarà trasmessa dagli innumerevoli televisori che riempiono le scene o proiettata su schermo bianco, in sala o drive-in , restando comunque diegetica in schermi diegetici, oppure sarà protagonista indiscussa, intarsiata tra le immagini montate rompendone il ritmo, proclamando la sua netta superiorità. Come accade in Hollywood Boulevard, film del primo periodo cormaniano coodiretto (nella logica del grindhouse del due in uno) con Allan Arkush, dove viene data, dallo stesso Corman, la possibilità di usare sequenze dei suoi film. In questo caso l’immagine dei film di Corman diventa la forbice con la quale aprire lo schermo, riempendolo della sua carica energica e figurativa. La citazione esplode con tutta la sua forza, prendendo il sopravvento sull’immagine. Nel cinema di Dante ci sarà sempre una finestra aperta sul cinema che ama o uno schermo sul quale proiettare l’amore nei suoi confronti. La ragnatela citazionista di Dante si stratifica condensando l’interesse sulla singola persona o genere ad esso associato, diventando così omaggio ad un regista (Master of Horror e Night Visions), strutturando lo script su archetipi di generi cinematografici e su personalità registiche ben precise, in Candidato maledetto, per esempio, Dante omaggia Romero, facendo tornare in vita un plotone zombie di caduti americani solo per permettergli di votare contro i repubblicani. In un episodio di Night Visions (Il prezzo del silenzio) la storia viene strutturata sul principio di bestialità umana ed istinto di sopravvivenza in un luogo selvaggio, un ritiro domenicale nella quiete del bosco lontano dalla città e dalla televisione, che finirà in un uno contro uno dicotomico e bestiale molto ben riuscito.
Difficile non notare come il suo script, in questo caso, sia un chiaro omaggio al film Un tranquillo week-end di paura di John Boorman. Nell’episodio della stessa serie, L’invasore, si racconta l’incubo mentale e il delirio di una giovane ragazza lasciata sola dal marito, la tensione si attacca alle pareti della casa diventando la struttura che sorregge la propria idea di proprietà privata ed intimità, trasformando la casa in una gabbia mentale da cui non si può evadere. Dante adatta la sua storia alla struttura narrativa di Giro di Vite di Henry James, omaggiando Repulsion e L’inquilino del terzo piano e tutto il cinema di Polanski. In Contro natura, della serie Master of Horror, il contagio si manifesta attraverso contatto sessuale, la carne diventa oggetto e l’omicidio diventa stupro, un chiaro omaggio a Cronenberg ed a tutto il cinema virale degli anni ’80. Il citazionismo di Dante addirittura arriva ad invadere la messa in scena, diventa sticker scenico, diventando piccolo dettaglio dell’immagine che richiama altro cinema, e mantenendo la brevità dell’apparizione, appare come un piccolo cameo, come un film trasmesso o proiettato, un titolo su un cinema, il nome di un personaggio o un pupazzo.
Lo spettatore viene immerso in un vortice citazionista ed autocitazionista sempre pronto a ricalcolare qualcosa riconosciuto nel già visto, calandosi tra le immagini orgiasticamente connesse e mettendo sempre alla prova gli acuti sensi da cinefilo, utili nel potersi orientare all’interno della fitta trama di rimandi. Joe Dante conosce bene le regole dei generi cinematografici, tanto da richiamare altro cinema attraverso l’uso fotografico e prospettico che definisce il genere horror, dal gotico italiano al b-movie americano. La sua fotografia può diventare facilmente emule delle atmosfere espressioniste del cinema tedesco, come il mondo in cui cade in sogno Dane Thompson (Chris Massoglia) protagonista di The Hole, oppure possono rivivere le scariche elettriche del cinema su Frankenstein, come nel film L’erba del vicino. Gli stessi gremlins sono germinati dallo stato pupale come gli esseri dei film di Don Siegel o come l’Alien di Scott, film che anticipa di due anni il film di Dante. Le atmosfere horror saranno protagoniste sia nel film L’ululato, omaggio al film di George Waggner, L’uomo lupo, sia in Piranha, dove la tensione sarà calibrata sul dedotto, sull’orrore che non si vede, come ne Lo Squalo di Spielberg. Dante cita sia il cinema passato sia il cinema a lui contemporaneo (la nuova Hollywood che conosce di persona e con la quale collabora), trovando sempre un escamotage narrativo o un dialogo da poter arricchire con la sua conoscenza ed amore per il cinema. Ogni suo film è uno scrigno pieno di rimandi più o meno espliciti, una corsa sfrenata in una galleria mentale di sconfinata cultura per l’arte e per l’ingegno umano. I Looney Tunes attraversano correndo i quadri dell’impressionismo francese così come il suo cinema attraversa trasversalmente molta sua storia. Un viaggio in diagonale su immagini conosciute, amate ed incise nella memoria dello spettatore.