Conferenza stampa della 53a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

«Questo festival è come un film» - Presentato a Roma il programma della nuova edizione, che si preannuncia variegato e consapevole delle nuove sfide della realtà festivaliera.

Cosa significa oggi immaginare, organizzare e presentare un Festival di Cinema? A poche settimane da un’edizione cannense particolarmente controversa torna naturale fermarsi a riflettere sullo statuto ontologico dell’istituzione festivaliera tutta, operazione culturale (e inevitabilmente commerciale) a cui non possiamo rinunciare ma della quale si devono necessariamente ripensare gli elementi primi.

Attorno a questo nodo critico sembra dispiegarsi il lavoro della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, che nomen omen torna a riflettere sul concetto di nuovo e quindi di vecchio, di passato e di futuro. Di cinema e festival, storie su schermo ma anche sperimentazioni, operazioni intellettuali, indagini al confine tra l’audio e il visivo. Ad animare sopra ogni cosa il lavoro della squadra capitanata da Pedro Armocida, nuovo direttore giunto adesso alla sua terza edizione, sembra esserci quindi l’appassionata volontà di tornare ad esplorare le potenzialità dell’azione festivaliera, che in questa 53° edizione si dipana lungo strade difformi, satellitari, storiche, critiche, tasselli che si incastrano nel formare un’identità complessa e attiva, ben lontana da ogni pigro assestamento di pratiche ormai consolidate.

Al centro dell’affresco tracciato dal Festival pesarese troviamo come consono il Concorso dedicato al «Nuovo Cinema», una selezione di otto opere prime e seconde provenienti dai più diversi paesi del mondo; la seconda sezione si conferma poi Satellite, un luogo d’indagine dedicato alle realtà cinematografiche italiane più indipendenti e sotterranee (tra cui spicca il nuovo lavoro di Giovanni Cioni, Viaggio a Montevideo). Accanto a questi percorsi se ne aprono molti altri, dedicati alla scoperta di forme cinematografiche sperimentali e mondi autoriali poco noti. Si va così dai lavori in 16mm del francese Nicolas Ray (atteso anche per una performance live in cui lavorerà con tre proiettori) alla retrospettiva dedicata al giovane Pedro Aguilera, dagli sguardi russi (che spaziano tra doc, finzione e animazione) ai corti d’animazione selezionati in collaborazione con l’Accademia di Belle arti di Urbino e di Macerata.

Ma se l’intento è quello di riflettere su forme festivaliere che esulino dalla semplice formula del concorso ecco che la Mostra di Pesaro gioca le sue carte più personali con un nuovo ciclo di Lezioni di Storia del Cinema (sull’anniversario del New American Cinema in rapporto al cinema sperimentale italiano), con Il muro del suono (spazio musicale a dialogo con il cinema attraverso performance dal vivo), con la rassegna Critofilm, dedicata al cinema che pensa il cinema, la critica audiovisiva che si discosta dalle canoniche forme del saggio scritto per approdare a quelle dell’immagine. E assieme a tutto questo incontri, tavole rotonde, proiezioni speciali, per una Mostra di Cinema tornata ad essere multiforme e inquieta; un dialogo annunciato tra passato e futuro che trova la sua rappresentazione ideale nell’omaggio a Roberto Rossellini, che a quarant’anni dalla sua scomparsa è ancora oggi uno dei nostri riferimenti cinematografici più preziosi, esempio di modernità, lucidità, intuizione didattica e voglia di esplorare e indagare mettendosi alla prova, sempre. Proprio come dimostra di voler fare il Festival di Pesaro.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 10/06/2017

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