Children are not afraid of death, children are afraid of ghosts

Opera censurata e bloccata dalle autorità cinesi, il documentario di Rong Gunag Rong utilizza la mancanza di materiale come punto di partenza per il racconto visionario di un'infanzia abusata.

Per Children are not afraid of death, children are afraid of ghosts il regista Rong Guang Rong ha rischiato tutto. È stato arrestato e ha visto il proprio materiale requisito dalle autorità cinesi. Questo indica un primo fattore fondamentale per comprendere il suo film: essa stessa è un’opera fantasma, un lavoro nato sull’assenza di filmati, di contenuto, di risposte.

Il progetto abortito di Rong Guang Rong parte da una notizia di cronaca a dir poco atroce: il suicidio di quattro bambini dai 6 ai 13 anni in un villaggio rurale cinese, tramite l’ingestione di un pesticida. Il fatto scuote profondamente il regista, che parte per il posto per capire cosa possa aver spinto esseri umani così piccoli a scegliere una morte che a malapena conoscono. In quale mondo orribile dovevano vivere per volerlo abbandonare subito? Appena arrivato sul villaggio Rong viene però fermato dalle autorità del posto. Una sola fotografia rimane di tutto il materiale girato.

Ma Rong non abbandona il progetto. Poiché non ha in mano niente, inizia a costruire il film intorno a questo buco nero di silenzio e lascia che il vuoto echeggi di domande. Per far questo utilizza un linguaggio cinematografico sperimentale, a volte talmente amatoriale e grezzo da lasciar sconcertato lo spettatore. Fotografie – Rong si è formato artisticamente come fotografo – e lunghi piani sequenza, dissolvenze oniriche fra macchie di colore, figure evanescenti.

Dalla macerie del suo film originale escono fuori bambini, tanti, gli stessi figli del regista e i fantasmi dei bambini morti, che egli filma alla ricerca di una verità sull’infanzia che continua a sfuggirgli. Sullo sfondo, ambienti fatiscenti e abbandonati. Ma mentre insegue gli spettri delle piccole vittime Rong incontra l’ombra di un altro bambino: è lui stesso, sopravvissuto a un tentato suicidio infantile insieme alla madre per scappare a un padre alcolizzato e violento.

Il Rong adulto, che non può comprendere la scelta così drammatica del suicidio infantile e non trova nessuno che abbia voglia di parlarne, riesce a raggiungere un barlume di comprensione solo quando torna indietro al suo passato e ridiventa bambino. Il dolore vissuto si materializza visivamente in incubi, mostri, figure minacciose e terrorizzanti che simbolizzano tutta la solitudine di un’infanzia abbandonata. Questa materia densa, grumosa, resa da immagini sature, buie, violente e strane, è insieme il punto forte e quello debole dell’opera di Rong, perché se da una parte destabilizza lo spettatore, dall’altro sa comunicare una genuina e potente emotività.

Cosa succede infatti se si invocano i fantasmi propri e altrui? Arriva la notte, nera e impenetrabile, e arrivano le figure mostruose che spaventano i bambini. Solo che in questo caso, dei bambini sono morti per davvero; e allora il film di Rong diviene un profondo atto di denuncia contro un’altra assenza molto più grande che emerge dal suo lavoro. È l’assenza dello Stato che censura e nasconde i suoi drammi, è l’indifferenza dei genitori e dei vicini che trattano i più piccoli alla stregua di oggetti, ed è soprattutto una miseria straripante che invade le povere case vuote degli sperduti villaggi cinesi. Il mostro fantasmagorico nominato per tutto il film altro non è altro che l’abbandono da parte delle istituzioni.

Opera fatta di assenze. dove i fantasmi incutono paura proprio perché sono scomparsi, Children are not afraid of death, children are afraid of ghosts riesce a costruire un flusso di coscienza visivo sul vuoto che finisce per denunciare: il silenzio diviene suono, e il nulla si trasforma in immagine.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 22/06/2017

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