Nona. If they soak me, I’ll burn them

di Camila José Donoso

Tra frammenti in stile homevideo e riprese ad alta risoluzione, la regista cilena Camila José Donoso ripercorre liberamente la storia di famiglia ricongiungendosi con quella, passata e presente, del suo Paese.

Nona. If they soak me, I’ll burn them - recensione film

“Se mi bagnano, io li brucio”. È questa la traduzione letterale di Nona. Si me mojan, yo los quemo (trasposto in inglese con il titolo If they soak me, I’ll burn them), terzo lavoro – dopo il progetto scolastico Naomi Campbel e il documentario Casa Roshell – della giovane regista cilena Camila José Donoso, presentato in anteprima al Rotterman International Film Festival e ora in concorso alla 55a Mostra del Cinema di Pesaro.
Una implicazione logica da ultimatum, che dice già tutto della volitività e radicalità della sua protagonista, una 66enne pronta a ricambiare con le fiamme l’onta di un allagamento doloso. E infatti in apertura del film la vediamo fabbricare una bella molotov artigianale, riportando ad alta voce i pochi passaggi della procedura di preparazione.

Per conoscere il fortunato destinatario del premuroso pensierino lo spettatore deve attraversare l’intreccio ricomponendo la fabula, un’operazione che in questo caso coincide sostanzialmente con la giusta ricollocazione e decodificazione dei frammenti narrativi, sfalsati sul piano temporale e difformi sul piano stilistico. Se il montaggio gioca infatti a confondere i momenti che precedono e seguono il gesto incendiario, da un punto di vista visivo il film vede un’alternanza continua di alta e bassa risoluzione, home movies alla Star Garden di Stan Brakhage e riprese digitali professionali, camcorder e cineprese per il cinema.
Così mentre vediamo la nona (nonna in italiano) cambiare vita dopo la vendetta, trasferendosi dalla grande area metropolitana di Santiago alle spiagge nerastre della cittadina costiera di Pichilemu e facendo i conti con un’altra serie di incendi, ben più gravi di quello da lei appiccato, i filmini casalinghi ne offrono un ritratto intimo e sfaccettato, dal modo in cui affronta i suoi problemi di cataratta alle sue interazioni con piante e vicini.

Così come era avvenuto nei lavori precedenti, soprattutto in Noemi Campbel, Camilla José Donoso mescola abilmente realtà e finzione, attingendo in gran parte alla vita di sua nonna Josefina e reinventandone liberamente alcuni avvenimenti. Su di lei e sugli appartenenti alla sua generazione la nipote appena trentenne vede bene impressi i segni del turbolento passato cileno, dai grandi disastri naturali (il terremoto di Valdivia del 1960 è stato il più potente mai registrato nella storia umana) alla dittatura di Pinochet, fino alla transizione democratica degli anni ’90. Segni che possono essere messi in relazione col presente, sia per analogia (l’ultimo catastrofico terremoto, tristemente noto, risale appena al 2010) che per discrepanza (nonostante problemi e disuguaglianze il Cile contemporaneo è una nazione democratica che sta vivendo una crescita sostenuta e bassi tassi di disoccupazione).

Un atto, quello del confronto tra passato e presente, certamente incoraggiato dall’autrice di Nona, che pur assegnando ampio spazio alla ricostruzione e reinvenzione della storia personale della protagonista, non perde occasione per inserire nel tessuto filmico un riferimento diretto al presente, in particolare al terribile incendio di due anni fa a Santa Olga, nella regione del Maule, il peggiore mai avvenuto nel Paese sud-americano. È così che la storia incontra la Storia, il privato incrocia il pubblico, il cinema e l’immaginazione re-incontrano la realtà, restituendole un senso nuovo, inedito.

Autore: Domenico Saracino
Pubblicato il 19/06/2019
Brasile, Cile, Corea del sud, Francia 2018
Durata: 86 minuti

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