Adam und Evelyn

di Andreas Goldstein

La trasposizione del romanzo di Ingo Schulze ad opera dell’esordiente Andreas Goldstein è una storia d’amore in una Germania a pochi passi dalla riunificazione.

Adam und Evelyn - recensione film

L’estate del 1989 fu un momento di passaggio epocale per centinaia di migliaia di tedeschi che fino a quel momento erano rimasti confinati ad Est della cortina di ferro. Un passaggio che è tanto storico e sociale – vero e proprio catalizzatore della caduta del muro, avvenuta poco più tardi – quanto materiale, fatto, com’era, di spostamenti di massa dalla RDT alla RFG (all’Ovest, in generale), resi finalmente possibili dall’apertura della frontiera tra Ungheria e Austria. È in questa precisa temperie che si collocano le vacanze estive di Adam e Evelyn, protagonisti dal nome biblico ed archetipico di Adam und Evelyn, tratto dal libro di Ingo Schulze e in Concorso nella sezione della Settimana Internazionale della Critica di Venezia 75.

Liberi di rideterminarsi, di rimettere in discussione le proprie esistenze e di incanalarle verso nuovi approdi, i due si avviano verso la terra ungherese. Il loro è un viaggio in macchina che, scandito da elementi di crisi che scompigliano la vita di coppia prima e durante la villeggiatura, sarà propedeutico al cambiamento radicale che la Storia offre loro. Come in ogni road movie che si rispetti, infatti, i personaggi del film vanno incontro ad esperienze che ne segnano, irrimediabilmente, il processo di formazione e influiscono in maniera sostanziale sulle scelte che il mutamento storico gli chiede di operare. Da un lato Evelyn, abituatasi – dice – all’idea di non fermarsi più, e quindi decisa, già in virtù di una non trascurabile insoddisfazione di fondo per la realtà vissuta fino a quel momento, a lasciarsi alle spalle il passato e a ricominciare altrove. Dall’altro Adam, che non ha alcuna velleità di trasformazione ed è del tutto appagato dal suo lavoro di sarto e fotografo per donne e dai benefit amorosi che da esso sembrano venire.

Due caratteri apparentemente opposti, dunque, che si ritrovano a rappresentare una precisa dicotomia tra stasi e movimento, tra status quo e palingenesi. E, perché no, considerando il riferimento ai progenitori veterotestamentari, tra maschile e femminile. Quello dei nomi non è però il solo riferimento simbolico tratto dalle sacre scritture. La struttura del libro, nel quale sono contenuti diversi riferimenti alla mitologia religiosa, viene infatti mantenuta nell’adattamento cinematografico. Ad un certo punto del film il gioco di rimandi viene persino esplicitato con il (non) casuale ritrovamento di una Bibbia nel cassetto di una camera d’albergo, e la lettura del passo della Genesi in cui Dio caccia Adamo ed Eva dall’Eden, maledicendone la stirpe.

Quel che interessa a Schulze e al regista Andreas Goldstein, che esordisce al lungometraggio con Adam unt Evelyn ben dopo i quarant’anni (e dunque con una conoscenza diretta del periodo in cui sono ambientati libro e film) non è tanto la situazione storica con le sue specificità, ma il modo in cui essa agisce sugli individui, determinandone carattere, opinioni, parabola esistenziale. Non ci sono né le spie della Stasi de Le vite degli altri, né quelle internazionali de Il ponte delle spie, ma soltanto la storia d’amore tra un uomo e una donna alla vigilia della riunificazione delle due Germanie.

A questa concezione manzoniana della Storia, in cui la macrostoria assume sostanza nella microstoria, si aggiunge poi il taglio antipsicologico e antisociologico del romanzo, scelto proprio in virtù della sua essenzialità. Ne deriva una narrazione tutta concentrata sulla gestualità, sui comportamenti, sulle circostanze, tanto più incisiva quanto più laconica e iscritta nelle cose e nei fatti. È un film di sguardi silenti e di indecifrabili travagli interiori, quello di Goldstein, fatto di sospensioni, così come sospesi sono stati per lungo tempo la libertà di Adam e Evelyn e il destino stesso di un’intera nazione, una Germania forse diversa da quella cui siamo abituati a pensare, fragile, esposta, confusa; un Paese spaccato, asimmetrico, a due velocità, esattamente come i due protagonisti. Per Adam ad ovest c’è troppo di tutto, per Evelyn soltanto abbastanza per una vita felice. Ed è in questo scarto e in tutto ciò che serve a colmarlo, nella difficoltà dello stare assieme – persone, animi, nazioni – e in ciò che si può fare per superarla che sta la chiave principale del film.

Autore: Domenico Saracino
Pubblicato il 03/09/2018
Germania 2018
Durata: 100 minuti

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