Oltre il velo: David Cronenberg, “The Shrouds” e la digitalizzazione del corpo
"The Shrouds", "Crimes of the Future", "The Death of David Cronenberg", ovvero un trittico che mostra come la morte del corpo, nell'era digitale, non sia più una fine, ma una transizione verso una forma nuova di esistenza, in cui l’identità continua a vivere attraverso l’immagine e la memoria digitale.

La poetica cinematografica di David Cronenberg ha sempre esplorato la trasformazione del corpo umano attraverso la tecnologia e la mutazione. Negli ultimi anni, il regista ha sviluppato un discorso sempre più focalizzato sulla morte, sulla memoria e sulla persistenza dell’identità attraverso l’immagine digitalizzata. I suoi film The Shrouds (2024), Crimes of the Future (2022) e il cortometraggio The Death of David Cronenberg (2021) costituiscono una trilogia tematica che riflette sull’annullamento del corpo fisico e sulla sua persistenza tramite l’immagine. Del resto, nel corso della sua carriera il regista canadese ha dimostrato più volte come il cinema possa interrogarsi sulla digitalizzazione della morte e sulla dissoluzione del confine tra vita e non-vita. E in particolare con il vicino Cosmopolis (2012), summa autoriale e manifesto della dissoluzione dell’umanità a opera della Tecnica nell’epoca del cybercapitale teorizzato da Baudrillard, Cronenberg evidenzia come la nostra società sia alla ricerca della stortura, della mancanza corporea da digitalizzare, della mercificazione del corpo attraverso le sue discrepanze e le imperfezioni, siano esse carnali o meno. In Cosmopolis, la carne diventa un semplice dato sullo schermo, un'entità fagocitata dalla tecnologia stessa. Per il regista canadese, ogni aspetto dell’esistenza umana è stato completamente trasformato in un mero fattore tecnologico, sollevando dubbi sui significati primordiali dell’esistenza, in continuità con la morte “simulacrale” di Baudrillard, la persistenza delle tracce di memoria di Derrida e le ibridazioni umano/tecnologiche di Haraway.

In The Death of David Cronenberg il regista affronta il tema della propria mortalità attraverso il confronto con il suo doppio defunto, trasformando il film in un manifesto della persistenza dell’immagine rispetto alla caducità del corpo. La morte non è solo evento biologico, ma anche questione estetica. L’immagine resta congelata, pronta per essere riprodotta e osservata all’infinito. Ma se la nostra immagine può essere conservata e rielaborata per sempre, la morte del corpo ha ancora un significato definitivo? O è destinata a diventare mero strumento? Nell’ultimo The Shrouds il regista immagina invece un futuro in cui la tecnologia consente ai vivi di osservare la decomposizione dei propri cari defunti. Ma fino a che punto la tecnologia può prolungare la presenza dei morti nella vita dei vivi? Per il canadese, l'immagine digitalizzata non sostituisce la presenza fisica, ma la riformula, creando una nuova relazione tra i vivi e i defunti. La visione del corpo in decomposizione diventa un’esperienza visiva accessibile, un'estensione della memoria che si scontra con l’irreversibilità della morte. Il protagonista Karsh (un Vincent Cassell con il mandato, mai così palese, il regista) osserva il corpo della moglie defunta attraverso un sistema di monitoraggio che usa immagini in alta definizione per mostrare segni di decadimento. La sua reazione è un misto di dolore, fascinazione e incapacità di staccarsi da ciò che resta di lei. Ciò rappresenta il lato inquietante di quest’ossessione: l’osservazione compulsiva della decomposizione, che trasforma il lutto in una dipendenza visiva.

Se in The Shrouds la morte viene resa visibile attraverso la tecnologia, in Crimes of the Future Cronenberg spinge il discorso oltre, immaginando un mondo in cui il corpo umano diventa un’opera d’arte mutante. Il corpo non è più un'entità statica ma un supporto modificabile, capace di incorporare nuove possibilità espressive. La digitalizzazione della memoria sta trasformando il modo in cui affrontiamo la morte. Oggi, i social media permettono di mantenere "in vita" le persone attraverso profili che continuano a esistere dopo la loro scomparsa. Tecnologie come i deepfake e gli avatar digitali consentono la riproduzione di individui deceduti, creando nuove forme di presenza post mortem. Questo solleva interrogativi etici: è giusto perpetuare l’immagine di una persona senza il suo consenso? Come cambia il nostro rapporto con il lutto quando la separazione definitiva viene sostituita da una simulazione permanente?
Interrogativi cruciali, che pongono la questione come fondamentale e alquanto urgente. Attraverso queste opere, David Cronenberg esplora il rapporto tra il corpo e la tecnologia, tra la morte e la persistenza dell’immagine. The Shrouds ci mostra la morte come esperienza visualizzabile, Crimes of the Future trasforma il corpo in un’opera plastica, mentre The Death of David Cronenberg riflette sulla possibilità di sopravvivere alla propria stessa scomparsa attraverso l’immagine digitalizzata. Il risultato è un trittico che mostra come la morte del corpo, nell'era digitale, non sia più una fine, ma una transizione verso una forma nuova di esistenza, in cui l’identità continua a vivere attraverso l’immagine e la memoria digitale.