Dossier Joe Dante / Nella tana del bianconiglio

Il nostro dossier dedicato a Joe Dante e al suo cinema delle meraviglie

E’ bastato poco a convincerci che era il nome giusto. Il silenzio dovuto all’indecisione si è rotto con il primo nome: Joe Dante. Ci siamo guardati ed il sorriso d’assenso è stato spontaneo, istintivo, quasi infantile. Eravamo per un attimo tornati indietro nel tempo, dolcemente. Il pensiero critico, la genuflessione all’appartenenza autoriale l’ha spesso escluso, ma non per questo non merita degli approfondimenti, dei tentativi di strutturare la sua intera filmografia. Noi ci abbiamo provato, cercando di raccontare Joe Dante senza quella rigidità categorica, austera ed intellettuale che costringe una personalità dinamica e fantasiosa in un falso ed apparentemente algido ed astringente completo gessato. Ci siamo sentiti liberi di lasciarla libera, provando a narrare chi tante storie ha già narrato.

Raccontare Joe Dante attraverso i suoi film, partendo, come ogni viaggio fantastico che si rispetti dal più classico dei C’era una volta. Ci siamo caricati della frenesia emotiva che i suoi film possiedono nel costante dialogo che hanno avuto, e continuano ad avere, con la nostra fase di crescita. Pupazzi, mostri e tanto cinema di genere, una filmografia che attraversa trasversalmente sessant’anni di cinema e televisione americana restando ancora capace di tornare a meravigliarci divertendoci; ed accorgersi che il suo cinema ancora esiste (Burying the ex) ci da spesso quell’ossigeno vitale che manca nelle asfittiche vetrine dove l’autorialità viene esibita ad ogni costo. Quale miglior compagno di viaggio se non un coniglio frettoloso e bianco di carrolliana memoria può accompagnarci nel viaggio fantastico, all’interno di una filmografia che arriva a superare la staticità della visione trascendendo la quarta parete e definendo un confine, tra verità e finzione, tra cinema e sala, tra spettatore e personaggio, troppo labile ed instabile; capace di esplodere nella realtà il suo materiale fantastico o caricare nel proprio universo finzionale l’elemento umano e reale. Un cinema che si fa anche portatore, attraverso il sapiente uso che riserva al genere prescelto, di un’esigenza comunicativa contestatoria propria di un cittadino americano democratico, consapevole e capace di comunicare, attraverso la sensibilità adottata riguardo a temi cari all’elettorato democratico ed anti-repubblicano, la sua visione del mondo.

Un percorso cinematografico che elargisce meraviglia, paura, divertimento e satira societaria, anarchicamente ludico, che ci spingerà d’apprima nella tana del bianconiglio in un invito al viaggio, per poi raccontare il periodo della New World Picture, gli anni ’70 e la collaborazione con Roger Corman, definendo il contesto storico iniziale d’appartenenza ed analizzando i suoi due film prodotti dalla factory cormaniana: Hollywood Boulevard e Piranha. Proseguiremo il viaggio con l’accurata analisi di Germano Boldorini de L’ululato (The Howling), in grado di stabilire delle interconnessioni tra l’horror classico e le nuove frontiere e derive fantastiche del cinema americano degli anni ’80. Tommaso Di Giulio proseguirà l’avanzamento monografico trattando in parallelo, Gremlins e Gremlis 2: La nuova stirpe, definendone le differenze tra un film tematicamente spielberghiano diretto da Joe Dante ed un seguito che maggiormente rappresenta l’identità del proprio regista. Differenza quest’ultima che segnerà anche il periodo successivo, per noi curato da Davide Di Giorgio, dove Dante dirigerà due film prodotti dalla fabbrica dei sogni spielberghiana: lo sfortunato Explorers ed il ben più solido Salto nel buio (Innerspace). Le tensioni internazionali e la paura del conflitto nucleare verranno sublimate nella catarsi di un cinema totale e miracoloso, terapeutico in quanto processo trasfigurante di una paura che il reale porta con se, un cinema che si richiama in un abbraccio confortante, un amarcord cinematografico di sollievo che porta il titolo di Matinee, questo ed altro sarà nell’articolo firmato da Samuele Sestieri. Per Dante la microscopia e la macroscopia sono scienze adattabili alla rappresentazione dell’americano medio, sia che si osservi il piccolo e confinato spazio plastificato suburbano di L’erba del vicino (The Burbs) o The Hole 3D, sia se allargassimo i confini della cornice osservando nell’interezza la deriva di un Paese fagocitato dal suo stesso meccanismo mediatico, come accade nella tagliente e cinica allegoria rappresentata dal film televisivo La seconda guerra civile americana. Un’immagine che tende ad allargarsi esponenzialmente fino alla rottura del possibile in infinite probabilità fantastiche, schegge impazzite e moltiplicabili allegorie, come i tanti pupazzi costretti a fare la guerra ed i tanti altri costretti a sostenere la pace e l’accettazione della propria diversità culturale come accade in Small Soldier. Lulù Cancrini affronterà questa doppia visione, dall’etica pacifista del conflitto tra pupazzi all’amore smodato di Dante per l’universo cartoonesco (che molto deve al ritmo del suo cinema) de Looney Tunes: Back in Action. Infine, Matteo Berardini analizzerà in parallelo due episodi che stigmatizzano in sintesi parte dell’identità cinematografica di Dante, ci riferiamo ai Masters of Horror, serie dagli esiti altalenanti ma caratterizzata da illustri partecipazioni registiche, tra le quali Dante che ne dirigerà due episodi: Candidato Maledetto e Contronatura.

All’interno del Dossier potrete inoltre trovare delle schede tematiche che discutono alcuni particolari aspetti della sua filmografia, dove si analizzeranno film ed episodi che non hanno trovato spazio nella lettura monografica e che restituiranno una visione d’insieme, alla ricerca di connessioni tematiche, aspetti estetici, moduli formali ed affamata cinefilia, quella voracità compulsiva nella masticazione cinematografica, substrato e base culturale fondante del suo cinema delle meraviglie.

Questo è quanto. Non mi resta che augurarvi una buona lettura.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 22/12/2014

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