See

di Steven Knight

La nuova serie di Steven Knight per Apple TV+ ha il pregio di saper creare un nuovo, suggestivo mondo. Con qualche ingenuità e passo falso di troppo.

See - recensione serie tv apple knight

Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva. Si apriva con questa citazione Cecità di José Saramago, un romanzo con cui See, una delle serie di punta della nuovissima piattaforma streaming Apple TV+, pare avere più di un debito, a partire dalla semplice quanto anomala intuizione che ne sta alla base. Se dalla serie creata da Steven Knight (Peaky Blinders, Taboo) qualcuno si fosse infatti aspettato la riproposizione dell'ennesimo immaginario post-apocalittico, potrebbe esser rimasto deluso. Perché uno degli aspetti più felici di See è proprio quello di aver saputo imprimere una nuova direzione alla propria distopia, dando vita a un universo incontaminato e suggestivo sorprendentemente lontano, almeno nelle premesse, da qualsiasi altro esempio del genere.

Nel mondo di Baba Voss (Jason Momoa) e compagni, un mondo in cui da secoli, in seguito a un'epidemia, l'umanità vive nella più completa cecità (tanto da considerare la vista un'eresia), c'è infatti tutto lo straniamento e il fascino per una realtà irrimediabilmente altra, terribilmente lontana dalla nostra esperienza, anche di spettatori. Una premessa anomala e affascinante cui Knight, coadiuvato alla regia dal Francis Lawrence di Hunger Games, decide di contrapporre però il più classico dei viaggi di formazione, un'odissea dove il post-apocalittico incontra il fantasy puro, tra guerrieri leggendari, regine folli e bambini dotati del dono più grande ma anche più pericoloso che in quel mondo si possa immaginare: la vista.

Se nel paese dei ciechi l'orbo è re, i piccoli Kofun e Haniwa, così come Jermamarel, il misterioso uomo che ha dato loro la vita (e la capacità di vedere) per poi sparire, non possono che essere degli dei, benevoli o malevoli sta a loro deciderlo o, al limite, al loro padre adottivo, Baba Voss (un Momoa che a tratti ritrova il Khal Drogo di Game of Thrones e il Conan di Conan the Barbarian), capo tribù dal passato oscuro deciso ad accompagnare i figli verso il loro destino, senza per questo far dimenticare loro compassione e umanità, educandoli a saper guardare e osservare prima ancora che, banalmente, vedere.
È così che See, episodio dopo episodio, dà vita al suo mondo carichissimo di idee, suggestioni e temi ricorrenti (dalla religione al pregiudizio, dal fanatismo alla disabilità), a tratti perdendosi e girando a vuoto, a tratti chiedendo al suo pubblico una sospensione dell'incredulità pericolosamente alta (certe trovare sono oggettivamente poco plausibili per un mondo di non vedenti). Punti deboli in parte riscattati da personaggi azzeccati (uno su tutti, la spiritata Queen Kane di Sylvia Hoeks), da sequenze d'azione ben coreografate e coinvolgenti e da ambientazioni e paesaggi (quasi) incontaminati, inevitabile monito ecologista di un mondo dove la vista è peccato originale, hybris manifesta di un'umanità responsabile del proprio tracollo. Un dono e insieme una maledizione che va quindi prima di tutto compreso, indirizzato, padroneggiato.

L'ennesima storia di grandi poteri e grandi responsabilità, dunque? Forse. Eppure, al di là di scontati rimandi e di una vicenda che, progredendo su binari più classici e ben rodati, rinuncia in parte alla propria specificità, è innegabile la forza evocativa di un prodotto imperfetto come See, la sua carica mitica e la sua tensione morale, quel fascino che solo le storie con un'idea forte e suggestiva alle spalle ci sanno ancora regalare.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 01/03/2020
USA 2019
Regia: Steven Knight
Durata: 1 stagione da 8 episodi

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