Scrivimi ancora

Scrivimi ancora è come il rapporto epistolare che mette in scena: un racconto anacronistico travestito da contemporaneo.

È la storia più vecchia del mondo: un uomo incontra una donna, si innamorano, si sposano, fanno dei figli e vivono felici. Per fortuna non è sempre così facile: a volte capita che due persone si conoscano nel momento sbagliato, troppo presto o troppo tardi, e che il rapporto segua un percorso alternativo. Al primo incontro se ne aggiungono altri e poi altri ancora, ma quello che all’inizio sembrava l’incipit ideale di una bellissima storia d’amore diventa, con il passare degli anni e delle stagioni, un solido rapporto di amicizia che neanche un bacio fugace nel cuore di una notte alcolica riesce a scalfire. Il rapporto sarà messo alla prova da ostacoli di ogni tipo: un figlio inatteso, una borsa di studio per Harvard, un lutto, matrimoni fallimentari, uomini e donne sbagliati incrociati nel momento giusto. I due, se saranno abbastanza fortunati, non si perderanno mai di vista. Quel sentimento sopito resisterà, e al momento opportuno, complice magari un set affacciato romanticamente sul mare, saprà riprendersi ciò che gli è sempre spettato di diritto e che solo le contingenze hanno frenato. L’amore, in fondo, è una questione di tempismo. Ma non al cinema, specialmente in certe commedie sentimentali, dove la vita concede sempre una seconda (o terza, quarta, quinta..) possibilità. In questo cinema gli incontri con il destino sono prevedibili come i turni di un impiegato. Il regista di Scrivimi ancora in questo senso è onesto, non fa nulla per truccare le carte, ma al contrario espone con chiarezza cristallina il teorema del perfetto film romantico, attenendosi con rigore ai dettami narrativi che questo genere richiede. Prendete due attori della nuova generazione (Lily Collins, Sam Claflin), proiettateli in un contesto proletario ma non troppo (poveri si, ma belli e soprattutto ottimisti), condite il tutto con una spolverata di amici bizzarri, belloni e bellone da rotocalco, perché anche l’occhio vuole la sua parte, mescolate lentamente aggiungendo, con parsimonia, pillole di romanticismo q.b, e il vostro film è pronto. Ovviamente non dimenticate di presentare il piatto con cura, ma senza esagerare. La confezione è importante ma gli esperti di cinema culinario consigliano decorazioni poco appariscenti. Per sicurezza sempre meglio tenersi su un registro dimesso, pochi movimenti di macchina calibrati e qualche primo piano intenso sono più che sufficienti. Al resto ci penserà l’amore, pronto a trionfare ancora una volta. Il regista sa bene quanto sia logora la storia che mette in scena, già molti prima di lui hanno raccontato di due amici/amanti che si rincorrono seguendo la legge del tergicristallo di garrelliana memoria (quando uno si avvicina, l’altro si allontana, e viceversa); eppure questa consapevolezza non produce risultati significativi. Purtroppo non basta aggiornare il rapporto epistolare ai tempi moderni (cellulari, skype, whatsApp) per innestare un principio di novità. Anzi, al contrario, proprio quello scambio di messaggi si offre, in un momento preciso, come un’istantanea perfetta del film. In una breve scena, non particolarmente significativa, il regista visualizza sullo schermo un gruppo di sms provenienti da un vecchio Nokia come se fossero messaggi di WhatsApp, producendo in questo modo una confusione temporale involontaria. Ecco, in fondo, il film non è che questo: un racconto anacronistico con abiti contemporanei.

Autore: Giulio Casadei
Pubblicato il 19/10/2014

Articoli correlati

Ultimi della categoria