Sofia

di Meryem Benm'Barek

Debitore del cinema di Asghar Farhadi, il film presentato al MedFilm Festival 2018 porta in scena il conflitto tra legge e desiderio nell'ambito della società islamica.

Sofia-recensione film Benm'Barek

Legge e desiderio sono i due lembi di terra ferma che abbracciano il Mediterraneo, parafrasando il testo di presentazione della 24esima edizione del MedFilm Festival, due sponde capaci di contenere la volontà di dialogare, di interagire e di essere l'una la riva di approdo o di ripartenza per l'altra. Ma legge e desiderio sono anche le due polarità su cui è costruito Sofia, film che è stato presentato durante l'ultima edizione del Festival dedicato alla produzione cinematografica dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che ha debuttato a Maggio sulla Croisette di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, portando anche a casa il premio alla Miglior Sceneggiatura.

Il film, diretto dalla giovane Meryem Benm'Barek, è un puzzle morale costruito su un ordito che dispiega innumerevoli traiettorie. Sofia è una ragazza di 20 anni che vive con la propria famiglia nella Casablanca di oggi. Durante un pranzo, Sofia ha violenti crampi allo stomaco. La cugina, studentessa di medicina, prova a visitarla di nascosto dai parenti. Ma la situazione è più complessa di quanto sembri perché, proprio in quel momento, a Sofia si rompono le acque. Nessuno era stato informato della sua gravidanza. Utilizzando come scusa l'improvvisa necessità di andare in farmacia, le due ragazze si recano in un ospedale per portare a compimento il parto. Con l'arrivo del neonato, le due cugine si mettono alla ricerca del padre del bimbo ed affrontano una serie di dilemmi etici che metteranno a dura prova le loro coscienze.

La macchina da presa tallona i personaggi e porta in scena un oscuro guado da attraversare. In Marocco, il sesso al di fuori del matrimonio è illegale, e secondo il codice penale può essere punito anche con un anno di reclusione. Quindi, avere un figlio senza essere sposate può comportare pesanti conseguenze. L'unica possibilità è ricucire lo strappo dell'errore e aderire nuovamente a schemi sociali e morali prestabiliti. Tuttavia, l'approdo alla terraferma non è privo di compromessi e di paradossi che rischiano di far precipitare la situazione in un buio ancora più denso rispetto al punto di partenza. Il viaggio che intraprende la protagonista schiuderà una serie di possibilità che riguardano l'autodeterminazione della donna, il peso dello sguardo sociale e lo spinoso ed universale problema del rapporto tra diritti individuali e mondo islamico.

Di volta in volta, Sofia e la famiglia dovranno prendere decisioni mediate dalla legge, ponendo in secondo piano le dinamiche del desiderio, vittima di questa circumnavigazione morale. Le falsità alimentano la crepa che viene a svilupparsi nel tessuto narrativo e che ricorda il cinema di Asghar Farhadi, tra gli autori di riferimento della Benm'Barek. Nei suoi 80 minuti, il film costruisce l'ordito narrativo con l'applicazione tipica di un allievo non troppo dotato ma particolarmente scrupoloso. Le figure umane portate in scena trovano un loro sviluppo in un contesto che si fa sempre più tragico, disperato e crudele. Tuttavia, nell'ipocrisia collettiva che rende l'essere umano simile ad un burattino a cui è data l'illusione di poter controllare il proprio destino ma che resta, comunque e in modo ineludibile, mosso dai fili del destino, trova spazio un ghigno che si prende gioco dell'istituzione matrimoniale e della società islamica. È in quel gesto di libertà che giace il segreto di uno sguardo e di un cinema che crede ancora nella possibilità della fuga.

Autore: Matteo Marescalco
Pubblicato il 20/11/2018
Francia 2018
Durata: 80 minuti

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