MedFilm Festival 2012 / The Reluctant Revolutionary

La Rivoluzione degli eroi puri e senza macchia, protetti dai sibili di armi algide e forti di ideali nobili, risponde all’immagine utopica di miti e leggende. Quella reale è figlia illegittima di un immaginario ben più crudele cui intima è la parola Guerra. Qui non ci sono redenzioni né paradisi agognati, non c’è l’anima che vaga sorridente finalmente distinta dal marchio indelebile della gloria. Qui c’è il fango, c’è il sudore, c’è la paura del regime e quella di un domani migliore, sempre sfuggente, mai pienamente realizzato. Perché c’è la condizione di perenne metamorfosi e assestamento cui costringono la distruzione e la successiva lenta restaurazione che un governo mal condotto, arrivista e corrotto, ha alimentato.

Kais, guida turistica di 35 anni, trasporta il regista Sean McAllister in un viaggio impervio tra le montagne yemenite. Di turismo ora non si vive più. Colpa delle contestazioni ad un Presidente che fa quello che può per risollevare il proprio paese, colpa dei manifestanti che prendono il microfono e urlano a piazze scalpitanti, colpa del panico disseminato da mostruosi kalashnikov sempre imbracciati, colpa del sangue che macchia le moschee. Non bastavano i debiti che hanno costretto Kais a vendere l’albergo, adesso si aggiungono anche gli ideali pacifici di chi ha ancora il coraggio di urlare a incrementare il senso di frustrazione e disillusione, ormai padrone dello sguardo indifferente di Kais. Basterebbe un po’ di pazienza e qualche foglia di khat in più per tornare padroni della propria esistenza prima che sia troppo tardi. Quello che Kais non vuole ammettere, però, è che è già troppo tardi. Il tempo ha suonato l’ultimo rintocco e la bomba è già esplosa.

Testimone forzato, Kais conduce il regista e con lui l’incredulo spettatore in una realtà straniera tinta di rosso, dove la visione di campi di fazioni opposte che siedono in pace con armi deposte, la confusione generale, e i vani tentativi di ristabilire una parvenza di controllo da parte del regime conducono Kais a imbracciare le motivazioni delle proteste, fino a invischiarsi nel magma informe della rivoluzione. Corpi inermi, sanguinanti, sporchi e innocenti risvegliano dal letargo gli occhi della guida, per troppo tempo velati di un inconscio ma colpevole desiderio di distacco.

Presentato al MedFilm Festival nella sezione documentari, The Reluctant Revolutionary si impone con tutta la forza di immagini mai edulcorate come intima testimonianza di un cambiamento radicale, condiviso e sofferto. L’accessibilità di impressioni fugaci capaci di seminare un’eco profonda, la cronaca nera che intacca i colori di una San’a delirante e la paradossale ironia di alcune scene rendono questo documentario una restituzione fedele e sensibile di quella che viene definita la Primavera Araba. Riflessione, smarrimento, rabbia e dolore si sommano alla traversata epifanica di un uomo comune, che scende in campo controvoglia e finisce per restare ancorato a terra, le mani macchiate, immerse nel suolo di tanti orrori. Sta tutta qui la necessità della redenzione di un popolo che chiede libertà. All’interno di un improbabile viaggio di formazione, il personale punto di vista di Kais introduce agli usi e ai costumi di una cultura straniera dove incalza la tragedia. L’uso della camera a mano implica veloci zoomate e movimenti poco fluidi che restituiscono l’urgenza di una realtà da carpire nell’incessante cambiamento del precipitare degli eventi, dove la necessità tecnica si plasma in scelta stilistica, quando lo sguardo dinamico e a sobbalzi dagli esterni confluisce negli interni, a sottolineare l’impatto immediato di uno stato di panico continuo. Il limite visivo di immagini quasi rubate all’istante reale si converte in valore aggiunto nel restituire tutto il senso di un’apnea che tronca la vita.

Autore: Marta Gasparroni
Pubblicato il 29/01/2015