Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet

Incantevole ma imperfetto, il nuovo inno alla fantasia di Jean-Pierre Jeunet

Esagerato, saturo, esplosivo. Il meraviglioso cinema di Jean-Pierre Jeunet, immediatamente riconoscibile, incanta e rapisce al primo sguardo, al primo fulmineo movimento di macchina, al primo accenno di delicata stranezza. Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet, nuova opera americana del regista francese, incarna perfettamente lo spirito anarchico e coloratissimo dell’autore, in un continuo esercizio di ingegnose trovate, colpi di scena e incantevoli ritagli di inquadratura.

Tecumseh Sparrow Spivet è un bambino prodigio di dieci anni che abita in un ranch nel Montana. La sua strampalata famiglia è composta da un padre cowboy, una madre entomologa dedita alla folle e meticolosa classificazione di insetti (Helena Bonham-Carter, in un ruolo che poco si scosta dalle sue interpretazioni nei film burtoniani) e una sorella, Gracie, maniaca dei concorsi di bellezza. T.S. inventa un marchingegno a moto perpetuo e, grazie ad esso, vince un prestigioso premio scientifico rilasciato dallo Smithsonian Institute. Per poterlo ritirare, il piccolo portento si imbarca in un rocambolesco viaggio e attraversa gli Stati Uniti fino ad approdare a Washington, dove il suo precoce genio sarà non solo riconosciuto dalla comunità scientifica, ma reso un fenomeno mediatico. Ad accompagnare il viaggio di T.S. il fantasma del fratello gemello Layton, morto un anno prima durante un incauto gioco tra i due. Il viaggio di T.S. si configura così come un gesto estremo per risvegliare l’animo assopito e sofferente dei genitori, nonché come suo personale percorso di maturazione e superamento del lutto e del senso di colpa per la perdita del fratello.

La nuova opera di Jeunet si configura così come un atipico e sgargiante road movie. Opera dalle premesse incantevoli, soffre soltanto di alcuni disordinati e repentini mutamenti narrativi i quali, per quanto tipici della poetica dell’autore, rendono la fruizione del film a tratti meno agile. Il caos, va ricordato, caratterizza da sempre le opere dell’autore e, forse, non è altro che la formidabile controindicazione di una fantasia senza possibilità di contenimento, di un occhio in grado di cogliere e restituire infiniti colori e sfumature del reale. Così, magicamente, nel mondo incantato di T.S. Spivet, come in altre opere dell’autore francese, l’incoerenza si fa poesia e la linea discontinua tracciata dal regista si configura, in ultimo, come emblema dei comportamenti tipicamente irrazionali dell’uomo. Si chiede T.S., vedendo i primi grattacieli: «Come possono gli esseri umani creare così tanti angoli retti quando i loro comportamenti sono così contorti e irrazionali?»

Lungi dal raggiungere le vette dei suoi celebri capolavori, l’armonia di Delicatessen e le atmosfere de La città dei bambini perduti, Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet si rivela, in ogni caso, come una delle migliori pellicole dal film che ha consacrato Jeunet alla fama internazionale, Il favoloso mondo di Amelie. Affermando con forza un timbro visivo che lo caratterizza e che conferma il suo status di autore, Jeunet firma un’opera che si intona perfettamente con il suo immaginario. Un inno alla purezza dell’intelligenza, un’intelligenza naturale, spontanea, che non ha nulla a che vedere con gli interessi economici del mondo accademico e che invece si manifesta pienamente nell’esercizio della fantasia e nella meraviglia del gioco.

Autore: Lulu Cancrini
Pubblicato il 18/10/2014

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